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Quando la scrittura diventa intellettuale

«La voce perde la sua origine, l’autore entra nella propria morte, la scrittura comincia» è una delle affermazioni più lucide di  Roland Barthes . È   tratta da  La morte dell’autore ,   un saggio breve che pubblicò nel 1967. Per introdurre l’argomento, Barthes cita una novella di Balzac e si (ci) domanda: chi parla in questo brano? È il protagonista? È l’uomo Balzac? È l’autore Balzac? È la “saggezza universale”? Secondo Barthes, nessuna di queste voci esiste perché «la scrittura è la distruzione di ogni voce, di ogni origine». L’autore è il passato del testo e attribuirgli il senso primo di quello che ha scritto vuol dire concepire la fine della scrittura. L’abitudine di far coincidere la scrittura con l’autore appartiene alla critica letteraria perché è una semplificazione molto utile: svelato l’autore, spiegata la sua visione, si ha la chiave d’accesso al testo. Invece, scrive Barthes, è nel lettore che il processo si conclude: il lettore è la destinazion...

Un barlume nella nebbia e un giorno di pioggia a Madrid

Del (vero) perché ho aperto un blog

Sulla difficoltà di leggere durante la pandemia

La parzialità della scrittura nella totalità del mondo

Svegliarsi insieme a Christopher Isherwood

Chi ben comincia (a scrivere) è a metà dell’opera

Una sosta nel tempo di mezzo

La nuova legge sul libro tra dubbi, angosce e perplessità

Scrivere un perfetto racconto di Natale

Genesi di un romanzo dell’orrore: Shirley Jackson e L’incubo di Hill House