Pivano: «Ritornando alle tue manipolazioni del testo, possiamo dire che l’aggiunta di questo concetto della mela proibita non detenuta da Dio ma dal potere del sistema è la manipolazione più grossa. [...] Questo vale anche per l’altra grossa manipolazione che hai fatto, quella dell’ottico visto come proposta di un’espansione della coscienza. Ma proprio dal punto di vista stilistico, perché hai sentito la necessità di cambiare la forma poetica di Masters? Bentivoglio mi diceva che il verso libero di queste poesie non ti serviva, avevi bisogno di ritmo e di rima, questo è chiaro. Ma sembra quasi che tu abbia voluto divulgare, spiegare a tutti i costi".De André: «Sì. Mi pareva necessario spiegare queste poesie; poi c’era la necessità di farle diventare delle canzoni. Cioè delle storie e una storia non è un pretesto per esprimere un’idea, dev’essere proprio la storia a comprendere in sé l’idea».Dippold l’ottico, E. L. MastersChe cosa vedete adesso?Globi di rosso, giallo, porpora.Un momento! E adesso?Mio padre e mia madre e le mie sorelle.Sì. E adesso?Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili.Provate questa.Un campo di grano – una città.Benissimo! E adesso?Molte donne dagli occhi vivi e le labbra schiuse.Provate queste.Soltanto un bicchiere su un tavolo.Oh, capisco! Provate questa lente!Soltanto uno spazio vuoto – non vedo nulla in particolare.Bene, adesso!Pini, un lago, un cielo d’estate.Questa va meglio. E adesso?Un libro.Leggetemi una pagina.Non posso. Gli occhi mi sfuggono di là dalla pagina.Provate questa lente.Abissi d’aria.Ottima! E adesso?Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo in un giocattolo.Benissimo, faremo gli occhiali così.
Questa è l’unica poesia, tra quelle che De André ha riadattato, a non seguire lo stile classico dell’epitaffio. Masters non ci svela alcun dettaglio su Dippold ma ne descrive la professione, enfatizzandola al punto da portarci a credere che l’oculista fosse in grado di donare la vista, oltre che correggerla. Potremmo pensare che fosse davvero così, che il dottore curasse i suoi pazienti sanando la loro incapacità di vedere, se non fossimo abituati a considerare la vista come una percezione esclusivamente fisica. Questo è anche l’unico caso in cui preferisco il poeta al cantautore: ho apprezzato il modo in cui Masters presenta il suo personaggio, interponendolo tra una lente all’altra, coscio del fatto che non tutti guardiamo il mondo allo stesso modo.
Le intenzioni di Masters si ricongiungono a Faber soltanto alla fine, in quel bagliore luminoso che l’ottico, il mercante di luce, dispensa alle persone che si rivolgono a lui per cominciare a vedere. Aprite gli occhi, e: luce, soltanto luce.
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Antologia di Spoon River. E. L. Masters, 1915.
Non al denaro, non all’amore né al cielo. Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, 1971.
Meraviglioso
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