SPOON RIVER | Wendell P. Bloyd ovvero Un blasfemo


Pivano: «È chiaro che le poesie le hai tutte rifatte. Per esempio, nella poesia del blasfemo, tu hai aggiunto un’idea che non era in Masters, quella della “mela proibita”, cioè della possibilità di conoscenza, non più detenuta da Dio ma detenuta dal potere poliziesco del sistema».
De André: «Non mi bastava il fatto traumatico che il blasfemo venisse ammazzato a botte: volevo anche dire che forse è stato il blasfemo a sbagliare, perché nel tentativo di contestare un determinato sistema, un determinato modo di vivere, forse doveva indirizzare il suo tipo di ribellione verso qualcosa di più consistente che non un’immagine così metafisica».

Wendell P. Bloyd, E. L. Masters

Cominciarono ad accusarmi di libertinaggio,
non essendoci leggi antiblasfeme.
Poi mi rinchiusero per pazzo,
e qui un infermiere cattolico mi uccise di botte.

La mia colpa fu questa: dissi che Dio mentì ad Adamo, e gli assegnò
di condurre una vita da scemo,
di ignorare che al mondo c’è il bene e il male.
E quando Adamo imbrogliò Dio mangiando la mela
e si rese conto della menzogna,
Dio lo scacciò dall’eden per impedirgli di cogliere
il frutto della vita immortale.

Santo cielo, voi gente assennata,
ecco ciò che Dio stesso ne dice nel Genesi:
“E il Signore Iddio disse: ecco che l’uomo
è diventato come uno di noi” (un po’ di invidia, vedete)
“a conoscere il bene e il male” (la menzogna che tutto sia bene!);
“e allora, perché non allungasse la mano a prendere
anche dell’albero della vita e mangiarne, e non vivesse eterno;
per questo il Signore Iddio lo scacciò dal giardino dell’eden”.
(la ragione per cui io credo che Dio crocifiggesse suo figlio,
per uscire da quel brutto pasticcio, e che ciò è proprio degno di Lui).



Più ci addentriamo nell'antologia e più ci rendiamo conto di quanto, questi epitaffi, racchiudano un senso del vivere che ancora ci appartiene. 
La religione è uno degli argomenti che Masters sfiorò più volte nei suoi componimenti e che Faber scelse di riadattare in Un blasfemo. Wendell P. Bloyd mise in dubbio la genuinità di Dio, evidenziando nel suo operato un atteggiamento invidioso, e «per le donne ed il vino / non avevano leggi per punire un blasfemo» venne rinchiuso. È evidente il peccato commesso dall’infermiere cattolico: la sua mano rappresenta l’intero villaggio, che diventa eco della nostra società, che punisce chiunque abbia il coraggio di esprimere delle idee diverse da quelle imposte dal sistema. 
Il blasfemo – il titolo originale della canzone è Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato) – subisce la stessa punizione di Frank Drummer ma, al contrario di lui, scambiato per matto perché «non riusciva a esprimersi a parole», il blasfemo deve scontare la sua impossibilità di tacere. In questo, per De André, anche lui ha peccato: l’errore non è dato dalla natura anticonvenzionale del pensiero, ma dall’obiettivo sotteso alla contestazione. Il blasfemo avrebbe dovuto, come riferisce il cantante nell’intervista, indirizzare il suo tipo di ribellione verso qualcosa di più consistente che non un’immagine così effimera. La ribellione, dunque, come mezzo attraverso il quale tendere le braccia a qualcosa di più concreto. Di più, forse, della promessa di un giardino incantato.
Pivano: «Mi diceva Bentivoglio che se la mela proibita non è in mano a un Dio ma al potere poliziesco, è il potere poliziesco che ci costringe a sognare in un giardino incantato. Cioè, il giardino incantato non è più quello divino dove secondo Masters l’uomo non avrebbe dovuto sapere che oltre al bene esiste il male».
De André: «Sì, in realtà per il blasfemo il giardino incantato non è stato creato da Dio ma è stato addirittura inventato dall’uomo e comunque la mela proibita è ancora sulla terra e noi non l’abbiamo ancora rubata. A questo punto hai capito che cosa voglio dire io per sognare: voglio dire pensare nel modo in cui si è costretti a pensare dopo che il sistema è intervenuto a staccarci decisamente dalla realtà».


***
Antologia di Spoon River. E. L. Masters, 1915.
Non al denaro, non all’amore né al cielo. Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, 1971.

Commenti

  1. Quando, qualche settimana fa, scrissi uda me un post sul paradiso perduto, non mi venne proprio in mente questo brano. E pensare che questo giardino incantato, a cui ogni giorno ci sentiamo costretti a pensare, sarebbe stata la ciliegina sulla torta....

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