Certi scrittori sono più speciali di altri. La sensazione è che conoscano bene quello che raccontano, come se tornassero da un viaggio e, semplicemente, scrivessero quello che hanno visto.
Pedro Páramo è un romanzo breve, centocinquanta pagine appena, eppure Rulfo è riuscito a creare un mondo dove quello che accade è inconcepibile e verosimile allo stesso tempo, un talento che costringe alla resa ogni sorta d'incredulità. Il protagonista è Juan Preciado. Sua madre Dolores lasciò Comala quand'era incinta e per tutta la vita non fece altro che desiderare di ritornare. Ne parlava a suo figlio continuamente. Gliene parlò mentre moriva, quando gli rivelò che Pedro Páramo era suo padre. Lei gli disse di partire per Comala e riprendersi tutto ciò che era loro dovuto. Gli disse: «Da lì mi sentirai più vicina a te». Così Juan si mette in viaggio per raggiungere la città nella terra della Media Luna. Ma Comala diventa sempre più inconsistente, come se evaporasse; la temperatura aumenta, la terra scricchiola, il cielo si annuvola, strade tutte diverse sembrano portare allo stesso luogo.
Questo è un paese pieno di echi. Ti sembrano rinchiusi nel vuoto delle pareti o sotto le pietre. Quando cammini, senti che ti calpestano i passi. Senti degli scricchiolii. Risate. Risate ormai molto vecchie, come stanche di ridere. E voci ormai logore dall'uso.
Quando Calvino scrisse le sue Città invisibili, disse che di una città l'aspetto più importante «è la risposta che dà a una tua domanda». Qual è la risposta che può dare un luogo come Comala? Rulfo insegue un topos narrativo che si racconta da secoli: la vita come un viaggio alla scoperta delle proprie origini. Juan lascia la casa dove ha vissuto con sua madre per seguire le impronte del padre; un genitore che però non riesce a raggiungere e durante la ricerca perderà anche se stesso. In questo incedere di questioni irrisolte e promesse infrante, che dimensione ha la sua vita? È una fase di transizione, un'evoluzione personale che passa per le "fiamme dell'inferno". Juan è come Ulisse, come Enea. Quando Enea incontra suo padre Anchise nei Campi Elisi, si sente domandare: «Venisti infine, e la tua pietà, desiderata dal padre, vinse il duro cammino? Posso, o figlio, guardarti in volto, e ascoltare la nota voce e risponderti?».
Chi sono i miei genitori? Da dove vengo? Dove sto andando? E dunque, la domanda: chi sono, io?
Juan Rulfo è stato uno scrittore e sceneggiatore messicano, tra i più popolari autori di lingua spagnola del XX secolo. Ha scritto pochissimo: oltre a Pedro Páramo, i racconti della raccolta La pianura in fiamme e una raccolta di bozze per il cinema. È stato uno dei maggiori esponenti del realismo magico, collega di genere di Gabriel García Márquez. C'era un episodio che Gabo raccontava spesso. Raccontava che una volta un suo amico, il poeta Álvaro Mutis, andò a trovarlo con un pacco di libri, ne prese uno dal mucchio e gli disse: «Leggi questo, cazzo, e impara!». Márquez lesse Pedro Páramo due volte quella notte, troppo commosso per riuscire ad addormentarsi.
La verità è che tutto ciò che avete amato di Macondo è stato scritto perché qualcuno, qualche anno prima, è riuscito a vedere la città invisibile di Comala.
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