Su una sedia a sdraio, sul terrazzo d’uno chalet in fondo alla valle, c’è una giovane donna che legge. Tutti i giorni prima di mettermi al lavoro resto un po’ di tempo a guardarla col cannocchiale. In quest’aria trasparente e sottile mi pare di cogliere nella sua figura immobile i segni di quel movimento invisibile che è la lettura, lo scorrere dello sguardo e del respiro, ma più ancora il percorso delle parole attraverso la persona, il loro fluire o arrestarsi, gli slanci, gli indugi, le pause, l’attenzione che si concentra o si disperde, i ritorni indietro, quel percorso che sembra uniforme e invece è sempre mutevole e accidentato. Da quanti anni non posso concedermi una lettura disinteressata? Da quanti anni non riesco ad abbandonarmi a un libro scritto da altri, senza nessun rapporto con ciò che devo scrivere io? Mi volto e vedo la scrivania che m’attende, la macchina col foglio sul rullo, il capitolo da incominciare. Da quando sono diventato un forzato dello scrivere, il piacere della lettura è finito per me. Ciò che faccio ha come fine lo stato d’animo di questa donna sulla sedia a sdraio inquadrata dalle lenti del mio cannocchiale, ed è uno stato d'animo che mi è vietato. Tutti i giorni prima di mettermi al lavoro guardo la donna sulla sdraio: mi dico che il risultato dello sforzo innaturale cui mi sottopongo scrivendo dev’essere il respiro di questa lettrice, l’operazione del leggere diventa un processo naturale, la corrente che porta le frasi a sfiorare il filtro della sua attenzione, a fermarsi per un attimo prima d'essere assorbite dai circuiti della sua mente e sparire trasformandosi nei suoi fantasmi interiori, in ciò che in lei è più personale e incomunicabile.
(da Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, Mondadori, 2000. pp. 168-169)
Leggevo, e sapevo di averlo già letto. Ma il titolo del post non mi diceva nulla, e non capivo.
RispondiEliminaPoi ho letto l'ultima riga e i pezzi sono andati al loro posto, nella mia testa :)
Eppure questa è la prima volta che ho usato il titolo vero! Comunque, cosa ne pensi dell'occhio critico dal quale sparisce tutto il piacere della lettura?
EliminaÈ vero. Me ne rendo conto nel mio piccolo: sto diventando sempre più picky, come va di moda dire adesso. Sto cominciando a lasciare a metà romanzi (anche di nomi notissimi e osannatissimi) perché la loro scrittura non mi soddisfa e la vita è troppo breve per leggere libri brutti. E leggo (e tu lo sai :) ) sempre più in funzione di quello che vorrei scrivere. Certo, anche i meccanismi della scrittura hanno una loro estetica, che però è molto razionale e assai poco umorale, a differenza della lettura per il piacere di farlo.
EliminaTutto questo mi sta avvicinando alla poesia, perché mi sembra l'unico posto dove davvero si comprima l'uso della lingua per ottenere un effetto immediato, tangibile. Uno degli ultimi posti nei quali si lavora ancora sulla parola. Penso alla Merini. O alla Cvetaeva. L'ultimo posto dove ancora mi stupisco, perché i meccanismi mi sono del tutto oscuri.
E penso che mi piacerebbe da morire leggere un romanzo così.
...quando si dice che un libro si compie solo ne momento in cui viene letto.
RispondiEliminaPaola C. Sabatini
Qualcosa del genere :)
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