Sembrava una felicità di Jenny Offill

Come diceva Flaubert: «l'avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge». Non sappiamo vivere nel presente, siamo sempre un attimo prima o qualche momento dopo. Ci dicono che questo è sbagliato, e in effetti lo è, nella maggior parte dei casi. Ma sfuggire al tempo può essere un modo per proteggerci: quando tutto diventa troppo da sopportare, quello che facciamo è provare a scappare, anche solo con la mente. Come chiudere gli occhi, riaprirli, e sperare che il peggio sia passato. Ma siamo troppo adulti per farlo, per credere che contare fino a dieci possa bastare. Allora ci scostiamo dal nostro oggi, guardandoci vivere da un punto molto lontano, perché se proprio deve succedere quello che non avrei mai voluto che accadesse, succederà senza di me. «Mi sto perdendo. Chi può trattenermi?». Penso a dettagli insignificanti che nei ricordi prendono il posto di una parola, di un gesto, protagonisti di una storia che non avevano intenzione di raccontare. Le mani, per esempio. Ricordo tutte le mani, ogni volta di tutte le volte. O una particolare forma che il riflesso della luce disegnava sulla parete. Che fossero volti, o schiene, non faceva differenza. Le mani, la luce, quelle sì.
Accadeva mesi prima che ci raccontassimo tutte le nostre storie, e anche all'epoca qualcuna sembrava troppo piccola per darle importanza. Ma allora perché mi sono tornate in mente proprio adesso? Adesso che sono così consapevole di tutto?
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Sembrava una felicità è un lungo ricordo pieno di cose, piccole e grandi. Brevi pensieri, come appunti presi di fretta tra un presente e l'altro. La donna, che poi diventa la moglie, rivive quello che è stato come la somma di ogni implicazione possibile. È una storia semplice, una storia qualunque di una donna qualunque, che però Jenny Offill rende interessante attraverso una struttura narrativa destrutturata, che ci permette di prendere parte alla vita della protagonista attraverso riflessioni interrotte e frasi in apparenza sconnesse. L'amore, un cappotto caldo con tante tasche comode, un marito, il bancone dei surgelati, una figlia, la schiuma nella vasca da bagno, il tradimento, una sedia che traballava: tutto diventa importante perché niente ha più importanza. In quella dimensione privata nella quale il matrimonio si consuma nel Piccolo teatro dei sentimenti feriti, la donna ripercorre la sua felicità in un tempo che le è prossimo ma che già non le appartiene; quel sembrava, che non è più stato.

Te ne dovevi accorgere, dice qualcuno. Te ne dovevi accorgere, le dicono. Io non c'ero, avrebbe dovuto rispondere. Ma chi le avrebbe mai creduto?
Come diceva Kafka: scrivo per chiudere gli occhi.


***
Sembrava una felicità, Jenny Offill. NN Editore, 2015. Traduzione di Francesca Novajra.

Commenti

  1. "Il presente delle cose passate è la memoria; il presente delle cose presenti è la vista; e il presente delle cose future è l'attesa". (Libro XI, capitolo 20 - Le Confessioni di Sant'Agostino). Memoria, visione e attesa.
    Se il presente fosse sempre attuale, sarebbe l'eternità.

    Paola C. Sabatini

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    1. "Memoria, visione e attesa". Mi piace, mi piace moltissimo.

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  2. Non l'ho ancora letto, devo prima finire dei libri di carta.
    Questa sua struttura destrutturata è la cosa che mi incuriosisce di più. Ti farò sapere le mie impressioni/sensazioni/suggestioni prossimamente...
    Intanto apprezzo molto le tue :)

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    1. Posso sperare in un nostro riavvicinamento, miss C.?

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    2. Riavvicinamento avvenuto, Miss DiB.
      L'ho amato tantissimo!
      (E comunque già con la scelta dei Karamazov per il tuo gruppo di lettura mi hai riconquistata)

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