Io leggo, senza perché

Leggere è, ancora, una delle cose che preferisco fare. Leggere mi piace sempre. Sono cambiati i miei gusti, le mie inclinazioni. Prima leggevo di più ad alta voce, adesso lo faccio meno. Ho bisogno di sussurrare, alle volte, come se volessi parlare direttamente al mio inconscio, alla coscienza, o a qualsiasi altra cosa ci sia in quel baratro conficcato tra costole e polmoni. Sono più attenta, un po' più consapevole. Credo di avere qualche possibilità in più di capire quello che leggo perché ho più occasioni di confronto. Ho letto tanto in questi anni, di più di quanto avessi mai fatto. Ma allo stesso tempo sento che mai riuscirò a comprendere tutto, mai fino in fondo e mai quanto vorrei. Più leggo, più mi sento sopraffare da tutto quello che ancora c'è da capire e che io non capirò.

È cambiato anche il mio modo di scegliere i libri, di preferire gli uni agli altri. Prima, per esempio, un libro destava il mio interesse se e nella misura in cui mi parlava di me. Mi stupivo del fatto che un autore riuscisse a descrivermi così bene, come se mi conoscesse, come avrei fatto io, se avessi avuto le parole giuste per farlo. Adesso non è più così. Adesso nei libri cerco quello che meno mi rappresenta come singolo e più mi caratterizza come essere umano. Ci sono scrittori che mi hanno spiegato che la solitudine è un'insieme di cose, è tante solitudini messe insieme. Che il mondo è un ampio respiro, anche a prescindere da me. Che io non sono il centro dell'universo, e questo non era poi così scontato. I libri che preferisco sono quelli che parlano della condizione dell'uomo, della sofferenza che ci vede tutti arrancare verso la stessa meta ma ognuno per la propria strada. Adesso ho bisogno di leggere fuori di me. Di altre storie, altri modi di esistere. Di un'essenza, diffusa e condivisa, che persiste sotto la profondità della seconda o terza superficie. 

È un discorso complesso e confuso, ma è questo il motivo per il quale io continuo a leggere, e ogni volta ne esco stanca, sconfitta e affamata. Potrei scegliere di fare qualcos'altro e non avrei alcun motivo per riconoscermi meno sensibile. Forse sarei meno me stessa, una me un po' diversa. Magari meno confusa e più sazia, piena di tutte quelle certezze che mi aiuterebbero a mentirmi meglio. Ma io le certezze non le voglio, non le ho mai volute. Io voglio sentire, ancora e nonostante tutto, che qualcosa mi sfugge. Qualcosa che è nascosto nel prossimo libro che leggerò. Mi sento parte di un mondo cupo, un male di quel vivere che riempie la storia dei secoli. E di nuovo mi sento meno sola. 

Io leggo, che è più meno lo stesso motivo per il quale preferisco l'acqua naturale a quella frizzante. Come si spiega, questo, a una persona che non legge? E perché, poi, se non è questo il modo in cui ha scelto di disporre di ? Perché dovrebbe cambiare le abitudini? Chi sono io per decidere che il mio tempo è speso meglio del suo? 

Leggere è facile. Non è vero. Leggere è faticoso e impegnativo. Leggere è un sacrificio. È una scelta. Leggere è scalare una montagna, e la ricompensa è un paesaggio magnifico, su, in cima. È un lago, per me, che si increspa appena. Ma è profondo, un abisso, tanto più pericoloso della salita stessa. 

libro-lettura-scratchbook

Potrei raccontarlo per ore, scriverne per giorni, scegliere i termini migliori per affascinarvi, vi tengo stretti fino all'ultima riga di questo articolo, ma non riuscirei a convincere nessuno a leggere un libro, nessuno che non l'ha mai fatto prima. Perché il lago, la lettura, è una proiezione di un bisogno personale. È qualcosa che non si può trasmettere. E, ancora, più provo peggio mi viene, perché insito nell'uomo è l'istinto di preservazione da ogni forma di indottrinamento. 

E allora, secondo me, prima di distribuire corde, scarponi e piccozze, sarebbe il caso di rendersi conto che ci sono persone che il lago neanche se lo immaginano, perché non sentono il richiamo dell'acqua. Persone che preferiscono restare a valle, e non c'è sempre un motivo valido, ma c'è sempre un motivo. Che senso ha regalare cibo a chi non sa cos'è la fame?



(Questo, a proposito di #ioleggoperché. Anche, ma non solo).

Commenti

  1. Bell'articolo, molto appassionato.
    Infatti, direi che ciò che ti muove verso la lettura è la passione, insieme all'intelligenza ( da "intus-legere" - leggere dentro), al desiderio di penetrare le cose per comprenderle senza necessariamente appropriartene e, infine, al coraggio di voler scoprire che oltre ciò che vediamo c'è molto altro visto con occhi diversi dai nostri. E a volte ridiamo, a volte piangiamo, a volte lanciamo il libro contro il muro ma è sempre vita che ci muove.
    E allora perché mai non dovresti contagiare qualcuno cammin facendo?
    Paola C. Sabatini

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    1. Non sarò io, lettrice piena di entusiasmo, a trasmettere la passione per la lettura. È un processo che deve agire sul bisogno, stimolare la curiosità in qualche modo. Deve partire dalle scuole, diceva un amico, e io sono d'accordo.

      p.s.: a volte è anche il libro che si ribella e sfugge (Wallace mi è caduto un paio di volte oggi, che stia cercando di dirmi qualcosa?).

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  2. Ho letto cos'ha scritto il tuo amico....dammi retta, le scuole sono importanti ma i loro metodi per ora sono sbagliati e soprattutto insufficienti se non accompagnati da insegnanti motivati e appassionati. I bambini agiscono prima di tutto per emulazione. Fidati, ho il doppio dei tuoi anni quasi, credo di poter dire che la passione per la lettura può essere contagiosa.

    sempre io, P. C. S.

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    1. Mi fido, figurati se non mi fido, ma faccio fatica. I tuoi figli (o qualunque figlio cresciuto in casa di genitori lettori) inizia a leggere, suo malgrado, e poi se gli piace continua (che è quello che ho fatto io, anch'io ho iniziato a rovistare nella libreria dei miei genitori). Ma metti uno a caso e pensalo già cresciuto. Io posso ripetere fino allo svenimento che leggere è bello ma lui non leggerà o al massimo legge un libro e basta, magari per farmi smettere. E questo mi è successo molte, moltissime volte. Ci sono i lettori latenti, i potenziali , quelli che magari poi si convincono e avviano un percorso, ma non sono la maggioranza.

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    2. Ma infatti io (credo di essere io l'amico delle scuole) ho detto che devono fare delle attività con le scuole. Non ho detto che tutto deve restare com'è che a scuola fanno un buon lavoro. A scuola il lavoro è spesso pessimo, e proprio per questo bisogna studiare un modo per portarci la lettura.
      È vero che servono insegnanti motivati, ma ci sono talmente tanti problemi per cui un insegnante può non essere motivato... come mancanza di fondi per fare cose differenti. Non necessariamente svogliatezza.
      Comunque io sono convinto che bisogna partire dalle scuole, perché l'emulazione non basta. Se la maggior parte dei genitori non ha libri a casa, la maggior parte dei loro figli non leggerà. Mi sembra palese.
      A scuola si DEVE fare questo lavoro, solo che deve essere qualcosa di nuovo. e a volte potrebbe essere una cosa molto semplice. Io ho portato la mia esperienza personale e, infondo, quelle classi che hanno così amato il mio libro non hanno fatto altro che fare quello che è stato chiesto loro dagli insegnanti: leggere obbligatoriamente un testo. Solo che non erano i promessi sposi, ma qualcosa che potrebbe fungere da bocconcino invitante. Poi ovvio che non tutti leggeranno altri libri, ma se si riesci a mettergli in testa il dubbio che forse forse un libro può non essere noioso?
      A volte basta poco, molto poco.

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  3. Non so, secondo me il tuo discorso è più "concettuale" sul significato del leggere (io invece sono molto materialista xD).
    A me leggere piace perché mi da un punto di vista che nessun altro media riesce a darmi.
    E mi piacerebbe che altri leggessero, ma non lo considero così fondamentale: ci sono film, serie tv, opere che potrebbero avere la stessa valenza culturale.

    Cmq mi piace il paragone che hai fatto: cibo/fame. Ed è per questo che per me la promozione deve essere fatta prima, sempre durante tutto l'anno per far venire questa "fame".

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    1. Tant'è che io, concettualmente, mi arrovello ma non arrivo da nessuna parte. Dal punto di vista materiale sono d'accordo con te. La valenza culturale non appartiene solo al libro (e non tutti i lettori si accordano su questo punto).

      È che il discorso, se ce lo palleggiamo tra di noi, resta qualcosa di sterile. Bello, ma non si arriva da nessuna parte. Si dovrebbe indagare, secondo me, su quel motivo più o meno valido di cui parlavo e da lì partire. A fare che? Non lo so. Io riesco solo a pormi le domande.

      ;)

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  4. Mi sono ritrovata molto nelle tue parole in questo bel post. Anche io leggo per saziare un mio bisogno interno, una fame di Vita direi, di Vite forse ancora meglio. I miei figli mi vedono perdermi per delle ore nei libri e iniziano a provare curiosità, forse penseranno "Se la mamma è così felice quando ha un libro in mano, forse leggere è una bella cosa" e allora con la coda dell'occhio li vedo prendere uno dei loro libri (chè non ho fatto mai mancare libri adatti alla loro età, in casa) e leggere, con curiosità, con fiducia. Poi si stancano, poi ci riprovano.
    Io però non ho imparato così ad amare i libri. I miei genitori non avevano i libri a casa, non me li compravano, a parte quelli di scuola. E la scuola, che pure è stata la prima ad avvicinarmi alla lettura (a partire da Il diario di Anna Frank), mi ha imposto letture che non riuscivano a coinvolgermi. Eppure io sono andata avanti, mi bruciavo la paghetta settimanale per comprare un classico come Piccole donne, che leggevo proprio in una settimana, in modo da poter comprare un nuovo libro con la nuova paghetta.
    Insomma, se hai bisogno di leggere, lo fai e basta.
    Se non ne hai bisogno, non lo fai.
    Conosco pochi adulti che leggono, pochissimi che leggono tantissimo come me. Gli altri semplicemente non ne hanno bisogno. Non che non farebbe bene anche a loro, ma non provo neanche a convincerli. Insomma, se loro cercassero di convincermi che andare al bar tutti i giorni per l'aperitivo farebbe bene al mio umore, io non lo farei, perchè non è quello che mi interessa.
    In più, di questa iniziativa #ioleggoperchè non mi convince una cosa: perchè c'è una selezione di libri tra i quali scegliere? Se mi va di regalare un libro ad una amica, perchè ho il sospetto che in lei si nasconda una lettrice latente a cui potrebbe bastare un solo libro, quello giusto, per accendere in lei una vera passione per la lettura, perchè devo limitare la mia scelta ad un pugno di titoli? Se l'importante è diffondere la lettura, un libro non vale l'altro? Perchè un Don Winslow no e un Baricco si? E perchè di Baricco Oceano mare si e Seta no?
    Quindi, IO LEGGO, voi fate un po' quello che vi pare.

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    1. Io la penso come te, tant'è che la maggior parte delle persone che frequento non legge molto e io non cerco di convincere nessuno. Ci provo ogni tanto e solo quando mi rendo conto che un consiglio ben piazzato potrebbe fare la differenza. Per il resto sono molto: "leggi e lascia vivere". Di questa iniziativa (che non era l'argomento che volevo toccare con questo post ma che poi, mio malgrado, c'è finito in mezzo) non riesco a vederci niente di buono. La restrizione dei titoli, come hai detto tu, gli sponsor (?) e lo stesso fatto che siano gratis. È molto bello quello che hai detto, il fatto di "bruciare" la paghetta per comprare Piccole donne, ed è quello che intendevo con "sacrificio". La lettura è un sacrificio, come uno sforzo mentale, ma è anche un sacrificio in termini economici: qualcosa a cui rinunci (soldi) per avere qualcosa d'altro. E, non lo so, regalare i libri, questi libri (con quelle copertine stampate ad hoc), mi sembra senza senso.

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  5. E in questo discorso complesso e confuso mi ci ritrovo: stesso rapporto la lettura.
    Alterno momenti di grandi scorpacciate ad altri in cui non sfoglio una pagina. Spesso la bulimia mi fa strafare con i libri, a volte li "odio", trovando più conforto in una giornata di sole. Perché mi rendo conto che con questo comportamento non arrivo al nocciolo di ciò che trovo scritto. Sarà perché ho un blog. Prima il rapporto era più viscerale, ora non più. Almeno in questa fase.

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    1. Ti capisco e sì, avere un blog - paradossalmente - non aiuta. O meglio, le due cose sono difficili da conciliare. Per godere a pieno di uno, non puoi fare a meno di trascurare l'altro. E comunque sia le pause non sono mai negative. Quando si torna - perché si torna - è sempre un po' una festa.

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  6. Bella per noi che pensiamo sempre al cibo, non è vero? :)
    Condivido in pieno ciò che hai scritto e mi ritrovo alla perfezione nelle tue parole e nel tuo personale concetto di lettura! Personalmente provengo da una famiglia di "non lettori" e quindi il mio approccio alla lettura non è nato fra le mura di casa, né per "emulazione" e pertanto non so quanto questi nuovi "messia" della crociata #ioleggoperché possano essere di stimolo ai non lettori perché credo che ci sia un momento adatto per tutto e che la scoperta dev'essere assolutamente personale e soggettiva e mai forzata o indotta.
    Credo inoltre che noi italiani siamo un popolo che si lascia facilmente influenzare dalle mode del momento (o dagli hastag dell'ultima ora) e dall’opinione altrui ma soprattutto un popolo che ha smesso da tempo di sognare e di emozionarsi e purtroppo a molte persone, i libri fanno piuttosto paura per mille ragioni diverse e spesso incomprensibili, magari è semplicemente paura di misurarsi con sé stessi o scarsa sete di conoscenza, ma ripeto è sempre e soltanto il singolo a dover rompere questo muro nei tempi e nei modi ad esso più congeniali.

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  7. In casa mia, sono praticamente l'unica a leggere. Nessuno mi ha mai stimolato, né qui a casa, né a scuola. Per questo iniziative volte alla promozione della lettura mi fanno storcere il naso. Io leggo perché mi piace e perché voglio leggere.

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  8. Una riflessione molto spirituale e affascinante: riesci sempre a dare un taglio originale e suggestivo a pensieri che condivido, penso di essere nella situazione che descrivevi della tua indentificazione con le parole degli scrittori. Questa passione, però, credo possa davvero, in qualche caso, contagiare, senza per questo farci nutrire l'illusione che basti qualche sponsor a farla trionfare (che, come giustamente dici, non è neanche così democratico): non sono poi così rari i casi in cui un lettore vorace e sinceramente appassionato - ma non fanatico - trasmette questa benefica influenza... :)

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  9. Ovvio che ognuno scrive, e reagisce, in base alle proprie esperienze. Chi ha avuto un'educazione alla lettura non può fare a meno di dire che questa sia fondamentale nello sviluppo di una personalità da lettore. Viceversa, il lettore diventato tale in tarda età dirà che la famiglia non è sempre, e necessariamente, il luogo fertile per questa passione. E tutti avranno ragione, se ci riferiamo alle singole specificità. Il problema è capire dov'è il blocco, se di blocco vogliamo parlare, della maggioranza e, se è il caso, tirarlo via.

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