Pivano: «Ma fino a che punto, per esempio, ti sei identificato col suonatore di violino (Jones, che nel ‘71 suona il flauto) che conclude il disco? E non voglio alludere al fatto che da ragazzo ti sei accostato alla musica studiando il violino».
De André: «Non c’è dubbio che per me questa è stata la poesia più difficile. Calarsi nella realtà degli altri personaggi pieni di difetti e di complessi è stato relativamente facile, ma calarsi in questo personaggio così sereno da suonare per puro divertimento, senza farsi pagare, per me che sono un professionista della musica è stato tutt’altro che facile. Capisci? Per Jones la musica non è un mestiere, è un’alternativa: ridurla a un mestiere sarebbe come seppellire la libertà. E in questo momento non so dirti se non finirò prima o poi per seguire il suo esempio».
Il suonatore Jones, E. L. Masters
La terra ti suscita,
vibrazioni nel cuore: sei tu.
E se la gente sa che sai suonare,
suonare ti tocca, per tutta la vita.
Che cosa vedi, una messe di trifoglio?
O un largo prato tra te e il fiume?
Nella meliga è il vento; ti freghi le mani
perché i buoi saran pronti al mercato
o ti accade di udire un fuscìo di gonnelle
come al Boschetto quando ballano le ragazze.
Per Cooney Potter una pila di polvere
o un vortice di foglie volevan dire siccità;
a me pareva fosse Sammy Testa-rossa
quando fa il passo sul motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare le mie terre,
– non parliamo di ingrandirle –
con la ridda di corni, fagotti e ottavini
che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa,
e il cigolìo di un molino a vento – solo questo?
Mai una volta diedi mani all’aratro,
che qualcuno non si fermasse nella strada
e mi chiamasse per un ballo o una merenda.
Finii con le stesse terre,
finii con un violino spaccato –
e un ridere rauco e ricordi, e nemmeno un rimpianto.
La terra vibrava di suoni: era il mio cuore. Come avrebbe potuto rendere di più?
Nei campi coltivati “a cielo e denaro, a cielo ed amore” la libertà si assopiva, avvolta da un filo spinato, stretta, così che non potesse fuggire. Si ridestava, la libertà, alla prima nota intonata dal violino, con la musica, che valicava ogni confine e raggiungeva il cuore di tutti quelli che accorrevano ad ascoltare.
L’Antologia di Masters tratta la guerra in un modo in cui non era consentito farlo, inneggiando alla libertà in un tempo in cui nessuno aveva il diritto di pensarsi libero.
Gli abitanti di Spoon River sono morti con la consapevolezza di aver sacrificato la propria vita per gli ideali sbagliati. Sono anime in pena e lo strazio del loro dolore è un eco che si diffonde “in ogni epoca e in ogni luogo”; non pretendono di insegnare nulla, ma si presentano attraverso le cicatrici che riportano sulla pelle. Una cosa del tipo: io ho vissuto in questo modo, ed è questo quello che ho ottenuto. Cosa vuoi farne, tu, della tua vita?. Un’esistenza sprecata conta più di ogni raccomandazione.
Il suonatore Jones, per Masters, per De André, è un’anima salva: è l’unico, sulla collina, a non serbare alcun tipo di rimpianto, perché è l’unico a non aver rinunciato alla felicità. Suonava come se fosse una missione, come se non esistesse altro per cui valesse la pena vivere. Suonava, perché era il suo modo di salvarsi.
Jones è la testimonianza di vita che aspettavamo, quella che ci spinge ad essere audaci e a cercare la nostra occasione di libertà. Come fece Edgar Lee Masters, dando voce alla ribellione dei morti affinché i vivi trovassero pace. Come ha sempre fatto Fabrizio De André, imprecando in rima contro un sistema ipocrita e corrotto. Come Fernanda Pivano, che ci ha permesso di compiere questo viaggio incredibile tra luci e ombre, voci e suoni, tutti interpreti di un tempo che ora è anche il nostro.
De André: «Ti sei dimenticata di rivolgermi una domanda: chi è Fernanda Pivano? Fernanda Pivano per tutti è una scrittrice. Per me è una ragazza di venti anni che inizia la sua professione traducendo il libro di un libertario mentre la società italiana ha tutt’altra tendenza. È successo tra il ‘37 e il ‘41: quando questo ha significato coraggio».
***
Antologia di Spoon River. E. L. Masters, 1915.
Non al denaro, non all’amore né al cielo. Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, 1971.
Non al denaro, non all’amore né al cielo. Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, 1971.
Sto seguendo questi post in maniera un po' defilata... in religioso silenzio. E anche con un po' di tristezza, perché oggi, riflessioni del genere, sembrano fuori della portata di tutti.
RispondiEliminaComunque, il tuo, è davvero un lavorone. Complimenti!
Che viaggio fantastico, quante voci, quanti pensieri... :)
RispondiEliminaFelice che vi sia piaciuto. Sapevo, prima ancora di iniziare questo viaggio, che avrei portato con me poco persone perché sia Masters che Faber sono personalità poco commerciali. Ma ci tenevo davvero, e mi sono divertita a farlo.
RispondiEliminaGrazie ancora!
Complimenti per il lavoro che hai fatto, veramente grandioso. Ti ho seguita in silenzio ed ero rimasta indietro di tre puntate, che ho recuperato proprio adesso. Appena trovo il tempo torno a rileggerti dall'inizio, perché le suggestioni sono tante e le riflessioni così importanti che meritano di essere riprese e approfondite.
RispondiEliminaGrazie mille. È una "sinfonia suonata a sei mani" che ha davvero dell'incredibile. A me è piaciuto molto fare questo viaggio, e se avessi letto solo l'antologia, o se avessi soltanto ascoltato De André, non avrebbe avuto lo stesso effetto.
Eliminapotresti spiegarmi il tratto con Sammy testa rossa?
RispondiEliminaQuesto album e Jones in particolare sono per me una Bibbia. Ho citato mille volte a studenti queste parole. Mille volte l'ho suonata. Non è ancora capita appieno. Ho riportato il primo distico della canzone su un mio testo sullo spettacolo, per farne l'apertura. Non posso dilungarmi. Complimenti. Siamo pochi ma è normale. Il nostro cuore vibra di suoni che proiettiamo nella realtà. Un vortice di polvere fa distinguere gli esseri umani in "normali" (forse un po' aridi) e in "poeti", la diseguaglianza continua con i campi protetti da fili spinati (vedi Rosseau) ecc. In tempi in cui anche i social e la globalità deo pensiero delude mentre poteva essere un'opportunità.... Con Schiller diremo che allora è meglio piacere a pochi.
RispondiEliminaPeccato che tu non possa dilungarti! Grazie mille, Alessandro. Riportare sul blog il percorso di Spoon River è stato un vero piacere (soprattutto questa canzone, per una serie personalissima di motivi).
EliminaLettura piacevole che mi ha riportata indietro negli anni e a riflessioni che facevano parte di un tempo mio andato ! Complimenti
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