SPOON RIVER | il viaggio di Edgar Lee Masters e Fabrizio De André



ATTO I: l’antologia di un poeta

Nel 1914, il poeta americano Edgar Lee Masters pubblicò sulla rivista Reedy’s Mirror 244 epitaffi, frammenti di uomini e donne che si raccontavano nella morte; gli stessi che, nell’anno successivo, vennero raccolti in un unico volume conosciuto come Antologia di Spoon River
Masters non lavorò solo di fantasia ma s’ispirò ad alcuni abitanti di Lewistown e Petersburg, due paesi dell’Illinois. Ogni componimento è un epitaffio attraverso il quale un personaggio si rivela al lettore. Alcuni ricordi s’intrecciano, creando delle storie nelle storie; diciannove vicende che coinvolgono 248 personaggi. L’antologia è introdotta da un poema titolato La collina: un coro che si eleva dalle sponde del fiume Spoon e traccia un’unica, accorata, testimonianza di vita.

Masters non fu un pioniere nel suo genere: molti anni primi alcuni poeti diedero forma a l’Antologia Palatina, traducendo in epigrammi piccole e grandi vicende quotidiane. Masters riprese la struttura dell’antologia greca, riadattandola al suo scopo: descrivere “il macrocosmo ritraendo il microcosmo”, delineare una sorta di profilo in scala dell’America di quel tempo. Si riconosce a Masters la scoperta del nuovo uomo medio, proposto attraverso uno stile asciutto, libero da qualsiasi virtuosismo letterario. Cesare Pavese dichiarò: «Si direbbe che per Lee Masters la morte, la fine del tempo, è l’attimo decisivo che dalla selva dei simboli personali ne ha staccato uno con violenza, e l’ha saldato, inchiodato per sempre all’anima».


ATTO II: la cura di una traduttrice

La poesia di Masters arrivò in Italia che c’era un’altra guerra: era il 9 marzo 1943. Cesare Pavese passò l’Antologia a Fernanda Pivano quando lei gli chiese quale fosse la differenza tra la letteratura americana e quella inglese. Fernanda lesse quei versi e se ne innamorò. Arrivò a leggere «[...] mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi fuggì» e restò folgorata. Decise di tradurla come esercizio personale, per fissarla nella mente. Quando Pavese venne a sapere che la Pivano aveva tradotto gli epitaffi di Masters, convinse Einaudi a pubblicarli. Il libro passò con il nome di Antologia di S. River e, sotto mentite spoglie di santità, cominciò a circolare tra i lettori; venne sequestrato poco dopo e rilanciato con lo stratagemma di una copertina diversa.
Spoon River significava molte cose: la schiettezza, la fede nella verità, l’orrore delle sovrastrutture. Forse significava amore per la poesia; certo significava amore per quella poesia. (Fernanda Pivano, 1948)

 

ATTO III: l’album di un musicista

Nel 1940, il 18 febbraio, nacque Fabrizio De André. Che sia stato, e sia, un cantautore, un compositore e un poeta, uno tra i più grandi artisti del nostro tempo, non sono io a dirlo: è certificato in ogni sua canzone. 
Appena maggiorenne, De André s’imbatté nell’Antologia di Masters e ne rimase affascinato. Da adulto la rilesse, appassionandosi per la seconda volta. Quello che lo colpì è che la poetica di Masters non sembrava antiquata, ma attuale come lo era stata decenni prima, quando lui, Fabrizio, l’aveva conosciuta; attuale come quando lui, Masters, l’aveva scritta.

Nel 1971 De André incise Non al denaro, non all'amore né al cielo, un concept album nato dall’adattamento di alcune poesie dell’Antologia; eseguito insieme a Giuseppe Bentivoglio, composto insieme a Nicola Piovani. Il titolo del disco è una citazione tratta dal poema La collina. La grafia esatta, come fu riportata sulla copertina della prima edizione, è Non al denaro non all'amore nè al cielo, con l’accento errato sulla congiunzione; nelle ristampe successive l’errore è stato corretto ed è stata aggiunta una virgola.


ATTO IV: il viaggio di un lettore

Masters aveva coltivato le sue storie in un clima pregno di tragedia, un tempo nel quale le piccole realtà facevano da intermezzo tra grandi alleati e grandi nemici, vecchi miti e nuovi eroi. La gente normale non era interessante, non faceva presa. Eppure era proprio quella gente che, nella sua semplicità, deteneva la verità umana. 
Ma la verità non appartiene ai vivi e Masters lo sapeva: è la morte che ci dispensa da quel velo di perbenismo e accondiscendenza che indossiamo ogni giorno, che strappa via la maschera lasciando scoperto il vero volto di ognuno. I morti non hanno paura di essere giudicati, umiliati, abbandonati o offesi. Cosa resta, dopo la morte, se non la verità di quello che siamo stati?

Nove canzoni, per nove poesie: nove storie che io vi voglio raccontare. Attraverso le note di De André e con le parole di Masters, io voglio farvi entrare nel cuore del paese sulla collina. Voglio parlarvi di quel matto che aveva un mondo nel cuore, ma non riusciva a esprimerlo a parole. Voglio presentarvi quel chimico, che non capiva perché gli uomini si combinassero attraverso l’amore. Voglio trascinarvi nelle loro sofferenze, rendervi testimoni della verità.
Io voglio portarvi a Spoon River.


***
Antologia di Spoon River E. L. Masters, 1915.
Non al denaro, non all’amore né al cielo. Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, 1971.

Commenti

  1. Che meraviglia di post, Maria. Ora mi tocca prendere in mano l'Antologia e cercare l'album!

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  2. L'album lo conosco bene. Un vecchio vinile, che gira ancora che è un piacere! L'Antologia, invece, mi manca. Ma leggo pochissima poesia, va detto.
    Lo so, è un peccato.

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    1. Un peccato è non aver letto l'antologia, ma anche i Karamazov, e Guerra e pace e non so che altro. È tutto relativo. Però, ti dico, leggere le poesie conoscendo l'album ti lascia una sensazione davvero particolare. Come se accadesse qualcosa e tu sentissi due persone raccontare lo stesso fatto, ma ognuna di loro con la propria voce, il proprio modo di gesticolare. Il fatto è lo stesso ma tu lo vivi due volte ed è interessante cogliere piccole le sfumature, che stravolgono il senso di una frase. Per Fernanda Pivano la poesia di De André, ha superato Masters.

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    2. Può anche essere. Si chiama transmedialità ed è un fenomeno che mi interessa molto! Per correttezza, escludo tutto ciò che è semplice "trasposizione", anche perché da poesia a musica il passo non è immediato ed è difficile non aggiungere (e togliere) qualcosa. Mi piace molto quando la reinterpretazione su un altro medium è personale e aggiunge qualcosa rispetto all'originale. Allo stesso tempo, considera che l'esperienza della Pivano è invertita rispetto a quella di chi, oggi o nel '71, passa dall'album al testo originale.
      (E ancora, pensa: partire dall'album, sapendo già del giudizio della Pivano e dei commenti, leggere l'antologia e poi riascoltare l'album?)

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    3. Che è quello che ho fatto io. È lì che nasce "il particolare".
      Un malato di cuore, per esempio: una canzone che adoravo, ma che per me terminava il suo effetto nel momento in cui Faber faceva vibrare l'ultima nota. Io ora so che è il cuore era quello di Francis Turner, so che "lo spettacolo dolce dell'erba" si è svolto in "giardino di acacie, di catalpe e di pergole addolcite da viti" ed è come se fossi più partecipe, come se il cerchio non si chiudesse con la fine della canzone perché la stessa ha bisogno delle parole della poesia. Poi, magari, sono sensazioni tutte mie.

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  3. E io ti seguirò volentieri, da amante dell'Antologia e da apprezzatrice di De André :)

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  4. Con imperdonabile ritardo giungo anch'io da queste parti. Sul fatto che io ami De Andrè credo non vi siano dubbi.. ne ho parlato, fuori e dentro le righe, più volte sul blog.
    Avevo già notato questo post e quelli che vedo si stanno susseguendo nel mio blogroll ma, leggendo il più delle colte da cellulare, non avevo ancora avuto modo di soffermarmici troppo e quindi di lasciare un commento.
    Il concept "Non al denaro" di De Andrè è fenomenale, ma sono sicuro che potrei dire la stessa cosa di tutti i suoi album. In questo l'album ci sono ovviamente dei pezzi a cui sono più legato, come immagino sia normale, ma il punto è che questo De Andrè va visto nel suo complesso ed è davvero molto bella la cosa che stati facendo. Aggiungo che sono completamente d'accordo con la Pivano: il poeta genovese ha superato alla grande il poeta americano!

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    1. Ti ringrazio. È un piccolo progetto a cui tenevo molto. L'antologia mi è piaciuta molto e conoscendo il disco, sono riuscita ad apprezzarla ancora di più. È interessante confrontare Masters e De André, anche se, come voi, io sono d'accordo: il secondo ha "battuto" il primo!

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  5. Davvero un bel post! Mi piace De Andrè e conosco pochissimo l'antologia... bisognerà rimediare.

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    1. È piena di spunti interessanti e poi, secondo me, tra quelle pagine si respira grande libertà. Leggila e poi fammi sapere!

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