Sono Darrell Standing. Fra non molto mi porteranno fuori di qui per impiccarmi. Prima di allora, voglio dire ciò che serbo dentro di me e parlare, in queste pagine, di altri tempi e altri luoghi.
Ho sulle spalle l'ebbrezza di un viaggio durato cento vite. Ho visto il mare lambire le coste di un'isola sperduta nell'oceano del Sud, ho mangiato carne di foca essiccata al sole e ho leccato gocce di rugiada dagli spuntoni delle rocce. Ero su una delle quaranta carovane dirette in California, intenta a razionare illusioni e polvere da sparo. Ho governato città e province, poi ho mendicato, in quelle stesse strade cementate col mio nome. Sono stata Guillaume De Sainte-Maure, sono stata Jesse Fancher, Adam Strang, Daniel Foss e molti altri ancora. Prima di tutti però, io sono stata Darrell Standing, condannato a morte, recluso in una cella di isolamento del carcere di San Quentin. L'isolamento scatta per un'errata attribuzione di colpe: un detenuto accusa Standing di aver nascosto una bomba all'interno del penitenziario; il direttore del carcere isola l'accusato e lo tortura per costringerlo a svelare l'ipotetico nascondiglio. L'imposizione della camicia di forza è la pena più difficile da sopportare: la costrizione continua al torace non concede che qualche insoddisfacente boccata d'ossigeno. E il peggio viene dopo, quando la punizione è finita, l'imbragatura è slegata, e la circolazione sanguigna torna a scorrere: ogni punto del corpo, esasperato dall'immobilità, sembra poi espandersi fino a lacerarsi.
Ma la vita continuava a scorrere in me prepotentemente.
Astrarre la mente, portarla oltre il corpo. È la materia che deve essere soppressa affinché lo spirito sia libero. Glielo suggerisce Ed Morrell, compagno di sorte e veterano del padiglione d'isolamento insieme a Jake Openheimer. I tre detenuti comunicano battendo le nocche delle dita contro il muro delle celle. Ci prova, Standing, ad annullare il corpo, a farlo morire; pezzo per pezzo la materia cessa di esistere, lo spirito abbandona il suo involucro e viaggia oltre il tempo. È così che ha la conferma di quello che ha sempre sospettato: che lui è Darrell, adesso, in questa vita, detenuto e condannato a morte, ma non è sempre stato così. Non è sempre stato lui. Molte esistenze si sono avvicendate nel suo essere.
La materia non ha memoria: non riporta l'impronta di chi, prima di adesso, ha indossato strati di vita per esistere nel suo tempo. È la collera rossa, l'urlo disumano, la sofferenza primordiale, a congiungere tutte le esperienze in un unico accumulo di eternità.
La carne è cosa vana, è cosa di poco conto.
Jack London, con questo romanzo, sazia la sete di ogni lettore. Il vagabondo delle stelle è un viaggio che soddisfa gli adepti più selvaggi dello scrittore - ogni vita è un racconto d'avventura in perfetto stile londoniano - e forse non l'avrei così apprezzato se non fosse anche un trattato sul tema della reincarnazione dello spirito e, non per ultimo, un atto di denuncia contro le condizioni carcerarie dell'epoca e, ancora, contro la pena di morte come azione punitiva. Nessuna civiltà, afferma London, degna di essere considerata tale, dovrebbe basare il proprio sistema governativo su una pratica che mira ad annullare la dignità dell'essere umano, o a sentenziare sulla vita altrui, nei casi più estremi. Sempre che la morte lo sia, la pena peggiore.
Sono tornata. Vi porto in dono sale grezzo, fiori di ciliegio e polvere di stelle.
Traduzione di Stefano Manferlotti
Adelphi
2005 (IX edizione)
pp. 400
ISBN 9788845919701
Credo di aver letto un solo libro di Jack London e se non ricordo male non avevo più di 13/14 anni (Il richiamo della foresta), però da ciò che hais critto credo prima o poi questo lo prendo :)
RispondiEliminaTra Il richiamo della foresta e Zanna bianca ci siam passati tutti! ;)
EliminaSplendida recensione. Mi piace molto la chiusa "Vi porto in dono sale grezzo, fiori di ciliegio e polvere di stelle".
RispondiElimina:)
EliminaOttimo. E voglio sapere, eh!
RispondiEliminaSe volevi darmi una spinta in più, ci sei riuscita.
RispondiEliminaCosì, nel caso non ti dovesse piacere, hai sempre qualcuno da poter incolpare!
EliminaHo sempre sempre sempre evitato Zanna bianca e romanzi simili, che per me erano sinonimo di noia. Dalla presunta noia per Zanna bianca ho fatto un passo in più e l'ho estesa al suo autore. Quindi non ho letto nulla di Jack London. Ma tu stai riuscendo a farmi cambiare idea... (maledizione!)
RispondiEliminaJack London mi ricorda, come a tutti immagino, Il richiamo della foresta e Zanna bianca che non ho mai letto. È imbarazzante ammettere che non avevo mai considerato la possibilità che avesse scritto altri libri. Davvero imbarazzante, Soprattutto dopo questa tuta recensione! Lo metto immediatamente in wish-list.
RispondiEliminaE io accetto i tuoi tre doni con gran piacere :)
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