Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij

Cosa intende Fëdor Dostoevskij quando si riferisce al sottosuolo? Perché questa porzione di terreno assume un significato così importante? Ve lo spiego semplice semplice, a parole mie.

Secondo l'autore esistono due tipologie di uomini: gli uomini d'azione e gli uomini di pensiero. L'uomo d'azione non ha spiccate doti intellettive e non vanta una solida conoscenza; allo stesso tempo, non si rifugia nella logica per superare le avversità ma le affronta, d'impatto. L'uomo di pensiero vive all'interno di se stesso; ha una piena consapevolezza e una grande conoscenza, caratteristiche che però lo costringono a mettere in dubbio ogni gesto prima ancora di compierlo; non agisce se non è in grado di prevederne il risultato. Va da sé che l'uomo cosciente prova compassione per l'altro, nel quale riconosce evidenti limiti intellettivi; lo deride anche, per la mediocrità del suo pensare, ma in realtà lo invidia perché a differenza di lui l'uomo d'azione agisce, opera, compie. Vive. Ma nell'istante in cui l'uomo di pensiero apprende queste verità, si nutre del suo stesso rancore e inizia a provare compassione, sì, ma per se stesso. Vergogna anche, e disprezzo. E più cerca di uscire da questa situazione più fallisce, e più fallisce e più sprofonda.
Il disgraziato topo, oltre alla porcheria iniziale, ha già fatto in tempo a seminare intorno a sé, sotto forma di interrogativi e di dubbi, un mucchio di altre porcherie; al primo interrogativo ha aggiunto tanti interrogativi irrisolti, che inevitabilmente attorno a lui si raduna una sorta di fatale brodaglia, di fetida melma, costituita dai suoi dubbi e turbamenti, nonché, infine, dagli sputi che gli cadono addosso da parte degli uomini immediati e d'azione, i quali lo circondano solennemente in qualità di giudici e despoti e sghignazzano di gusto di lui.
L'anima dell'uomo affonda così tanto che sembra ritirarsi, indietreggiare, fino al livello più basso che la dignità umana possa mai raggiungere (eccolo, il sottosuolo). Ma è in quel momento che accade una cosa strana: l'uomo di pensiero, inizialmente mortificato, offeso e devastato, sembra poi assestarsi accogliendo la propria condizione, accettandola, fin quasi a trarne un sottile piacere. Perché la conoscenza è la sua croce e la sua salvezza. Perché anche in quello stato così disperato, egli è consapevole del proprio essere; riesce a vedersi, si comprende e ne è felice. E non si rassegna, a dispetto di quel che si potrebbe pensare; si rifugia nei sogni, nei desideri, in ogni cosa che è sublime ed elevata.

Questa enormità di contenuti è solo nel primo capitolo, che è molto bello ma non quanto il resto. Nel resto ci sono le vere Memorie dal sottosuolo, spaccati di vita nel quale il protagonista, che si è presentato a noi nella prima parte come uomo di conoscenza, riporta alla luce avvenimenti del proprio passato a dimostrazione di come il pensiero inibisca l'azione.
L'uomo ama creare e costruire strade, questo è indubbio. Ma com'è che ama anche appassionatamente la distruzione e il caos? Ecco, ditemelo un po'! Ma su questo argomento voglio dire io stesso due parole a parte. Non sarà che ama tanto la distruzione e il caos perché istintivamente teme di raggiungere lo scopo e di completare l'edificio che sta costruendo? Che ne sapete, forse quell'edificio gli piace solo da lontano, ma non da vicino; forse gli piace solo crearlo, ma non viverci [... ]. L'uomo è creatura frivola e disordinata e, forse, come il giocatore di scacchi, ama soltanto il processo del raggiungimento del fine, e non il fine in sé. E, chissà, forse tutto il fine a cui tende l'umanità sulla terra consiste solo in questa continuità del processo di raggiungimento, in altre parole nella vita stessa, e non propriamente nel fine, che, s'intende, dev'essere null'altro che il due più due quattro, cioè una formula, perché due più due quattro non è già più la vita, signori, ma l'inizio della morte.
Capita di ritrovarsi nei romanzi, di avere l'impressione che l'autore sia riuscito ad individuare una parte di noi che non pensavamo potesse essere condivisa da altre persone. Ecco, questo è il motivo per il quale io leggo. Solo questo. Io rincorro quei momenti nella speranza che qualcuno riesca a spiegarmi quello che io non sono in grado di capire di me stessa, qualcuno che sia capace di diradare la nebbia che mi avvolge i pensieri, che si accavallano, l'uno sull'altro; dubbi che si accumulano, che mi confondono, e che a volte mi fanno perdere la giusta direzione. Non riesco a non metterci qualcosa di mio quando parlo dei libri ma è tutto così collegato: io, l'autore, la storia, i personaggi; non è sempre facile distinguere. Questa volta, a maggior ragione, sono in difficoltà perché in alcuni passaggi io mi sono riconosciuta come mai mi era successo prima. Mi è sembrato di leggere me.
Con gli anni si sviluppava in me un bisogno di contatti umani, di amicizie. Provai ad avvicinarmi ad alcuni; ma questo avvicinamento risultava sempre innaturale e finiva con l'esaurirsi da sé. Una volta ebbi, non sono come, anche un amico. Ma ero già un despota nell'animo; volevo avere il dominio incontrastato della sua anima; volevo inculcargli il disprezzo per l'ambiente circostante; pretesi da lui un'altezzosa e definitiva rottura con quell'ambiente. Lo spaventai con la mia amicizia appassionata; lo portavo fino alle lacrime, alle convulsioni; era un'anima ingenua e capace di donarsi; ma quando mi si fu donato tutto, io subito presi ad odiarlo e lo respinsi da me: come se ne avessi avuto bisogno solo per riportare una vittoria su di lui, solo per sottometterlo. Ma non potevo vincere tutti.
Il protagonista delle Memorie è così bloccato nel suo pensare che ogni gesto che compie è sbagliato, fuori tempo, inappropriato; passa la vita a recuperare, cercando di arginare le conseguenze portate dalle azioni precedenti, conseguenze che però coinvolgono altre situazioni, altri contesti e altre persone. Agisce, e se ne pente. E non agisce, e se ne pente. La frustrazione che deriva da questo scontro interiore, da queste due anime che scalciano nello stesso corpo, si accumula fino a diventare furia; vere e proprie esplosioni di rabbia che si riversano su chiunque sia così sfortunato da incrociare lo sguardo dell'uomo, il cui scopo in quel momento è solo quello di demolire l'avversario con qualsiasi parola o gesto che possa risultare tanto meschino, offensivo e infame da colpire nel segno.
Mi ero così lasciato prendere dal phatos, che cominciavo io stesso a sentire un nodo alla gola, e... a un tratto mi fermai, mi sollevai un po' spaventato e, chinando timorosamente il capo, col cuore che batteva mi misi in ascolto. E c'era di che turbarsi. Da un pezzo ormai avevo intuito di averle scombussolato l'anima e spezzato il cuore, e quanto più me ne persuadevo, tanto più desideravo raggiungere lo scopo al più presto e con la maggiore forza possibile. Il gioco, il gioco mi aveva appassionato; del resto, non solo il gioco... Sapevo di parlarle in modo pesante, artificioso, perfino libresco, insomma non sapevo parlare altrimenti che "come un libro stampato". Ma la cosa non mi turbava; sapevo infatti, presentivo, che sarei stato capito e che proprio quel tono libresco poteva servire ancor meglio al caso mio. Ma adesso, raggiunto l'effetto, a un tratto ebbi paura.
La paura di rendersi conto di aver ferito così tanto l'altra persona da non poter più rimediare e la consapevolezza che tutta quella rabbia, quelle offese, erano in realtà rivolte solo a se stessi. Io mi sono resa conto di quanto Dostoevskij sia formidabile dopo averlo letto, quando tornando all'introduzione scopro che, su precisazione dello scrittore: «sia l'autore delle memorie che le Memorie stesse sono, ovviamente, immaginari». La sua capacità di avere caratterizzato un personaggio in modo così preciso, di averlo tirato fuori dal nulla, così perfetto in ogni più piccola inclinazione, così detestabile e comprensibile, mi ha convinto ancora di più del fatto che questo libro sia qualcosa di veramente speciale.
Per quel che poi riguarda me personalmente, nella mia vita ho solo portato alle estreme conseguenze ciò che voi non avete osato condurre neppure a metà, prendendo oltretutto per buon senso la vostra viltà, e consolandovi così, ingannando voi stessi. Sicché io, forse, ne esco ancor più "vivo" di voi.


memorie-dal-sottosuolo-Dostoevskij-coverFëdor Dostoevskij

Memorie dal sottosuolo
Traduzione di Emanuela Guercetti
Garzanti
2008 (X edizione) pp. 155
ISBN 9788811364733

Commenti

  1. È la seconda volta che anticipi un libro che ho qui da leggere. Per caso hai curiosato nella mia libreria? :P

    La mia edizione riporta un titolo alternativo, Ricordi dal sottosuolo. Sarebbe curioso vedere quale è più adatto. Non è una gran differenza, vero? Avevo letto la quarta, ma ciò che mi ha attirato è proprio il titolo. La parola "sottosuolo". E il fatto che Dostoevskij mi era piaciuto, con Delitto e castigo, ma cercavo appunto qualcosa di un po' meno pesante (in termini di massa).
    Insomma, lo leggerò.
    Nei prossimi mesi. :P

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    1. Hai presente quel tonfo che hai sentito l'altro giorno? Ero io che ruzzolavo giù dal tetto. Ho avuto giusto il tempo di sbirciare qualche titolo! :P
      Non ho ancora terminato Delitto e Castigo, anzi, sono praticamente all'inizio ancora quindi non posso esprimermi ma le premesse sono più che buone!

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  2. Maria, io e te, in qualche affascinante modo, siamo sempre in sintonia! Ho iniziato ieri L'idiota e proprio ieri tu hai pubblicato un post su Dostoevskij...Le tue parole mi hanno come al solito emozionata ed è inutile dire che farò buon uso, e al più presto, di questo tuo appassionato suggerimento di lettura.
    Aggiungo pure che più leggo il tuo blog e più mi rendo conto di come sia diventato il mio preferito in assoluto, un punto di riferimento fisso, un rifugio che vado a cercare quotidianamente ormai :)

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    1. Sono io che mi emoziono a leggere quello che mi scrivi e non so davvero come ricambiare se non attraverso un grandissimo abbraccio virtuale.
      Mi piace il rapporto che abbiamo, è forse uno dei pochi nel quale intravedo un po' di "realtà".
      E pensa che sei entrata addirittura nel mio quotidiano!
      Capitava che il mio ragazzo mi dicesse: "Danno quel film al cinema, ci andiamo?" E io "No, no, quello no. Marghe dice che non ne vale la pena!"
      Le prime volte ne usciva un po' interdetto, della serie: chi è Margherita Qualcuno che conosco?
      Ora si fida anche lui! ;)

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    2. ahahahahahahahah noooooo, sono la vostra guida al cinema! Mi fa piacere questa fiducia :)
      E anche per me vale nei tuoi confronti la sensazione di "realtà" e di scambio molto meno virtuale e volatile della norma!

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  3. Post meraviglioso! Ora mi toccherà proprio leggerlo. Non dovrebbe nemmeno essere molto difficile visto che. se non sbaglio, dovrebbe essere abbastanza breve e già me lo ero comprato tempo fa (il difficile adesso è ritrovarlo in mezzo al mucchio)

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    1. Grazie! :)
      Occhio a non farti risucchiare dal mucchio, non si sa mai quello che ne può uscir fuori! Comunque sì, leggilo, e nel caso... saprai a chi rivolgere le tue ire!

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  4. Recenzione magnifica come al solito anche se avrei sperato e voluto per te, l'azione e non il pensiero di cui già ce ne sono troppi.

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  5. Di suo ho letto solo 'Delitto e Castigo'. Avevo iniziato anche 'I Fratelli Karamazov' da ragazzo, ma non l'ho mai finito. Ora mio figlio sta leggendo 'Il Giocatore': forse quando ha finito lui lo leggerò.

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    1. "I fratelli Karamazov" mi manca ma me ne hanno parlato come qualcosa di spettacolare. Peccato che tu non l'abbia terminato.

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  6. I Fratelli K li sto leggendo proprio ora (dovevo usare qualcosa di forte per reimparare a leggere dopo IJ). Sono una lettura immensa. Fedor è immenso. E te ci ricordi mirabilmente in questa recensione quanto è grande.

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    1. A te che hai letto IJ e sei ancora qui a parlarne rivolgo tutta la mia stima. Prima o poi ci voglio affondare anch'io in quel libro, sto soltanto aspettando il momento giusto. Ma lo farò, eccome se lo farò!

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  7. Ho visto che hai riportato un passo presente già nelle Notti Bianche. Se hai letto questo libro l'avrai riconosciuto e forse per questa ragione l'hai riportato, altrimenti a te l'onore di scoprirlo in futuro. Soltanto una cosa c'è da dire e che mi sembra sia mancata: l'ironia. Dostoevskij aveva una vena ironica molto profonda, di questo non se ne parla così spesso.
    Chissà, forse le cose cambieranno.

    Un saluto,
    Davide

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    1. Hai perfettamente ragione. Il primo capitolo, soprattutto, mi ha fatto molto sorridere; un'ironia davvero piacevole.

      Lessi "Le notti bianche" qualche mese fa e non ne serbo un grande ricordo in realtà, non mi ha entusiasmato chissà quanto, non perché lo stile fosse meno intenso, ma proprio perché non ho grande affinità con quella tipologia di personaggio.

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    2. Il personaggio delle Notti Bianche è lo stesso personaggio, ma più giovane e più timido, che ha scritto le Memorie dal Sottosuolo. Il parlare troppo libresco e il vivere appartati, nascosti, come se sentissero entrambi (e lo sentono come lo sentiva lo stesso Dostoevskij) di essere colpevoli verso qualcosa, sono i sintomi della continuità esistenziale rappresentata da Dostoevskij. Questo delle Memorie dal Sottosuolo è uno dei tre personaggi più frequenti di D., che torna ciclicamente sia nei racconti che nei romanzi del russo. Addirittura in Cuore Debole si trova un tratto di questo personaggio. Nelle memorie è reso più cinico. Puoi trovare queste informazioni negli appunti di Dostoevskij e nei passaggi più tecnici della sua attività da pubblicista.

      Una curiosità che forse può interessare, ma che svicola di un po' dal tema. Una curiosità piccola, giusto per allacciare nuovamente Dostoevskij all'Italia. Gaber riportò un'affermazione presa dalle Memorie dal Sottosuolo nel rappresentare il suo personaggio l'Anarchico nello spettacolo teatrale Anni Affollati del 1981. A questo personaggio segue la canzone Il Sosia. In quello spettacolo si ritrovavano prospettive, oltre che di Dostoevskij, anche di Sartre e di Céline. Lo scrivo così, giusto per riprendere, del russo, l'affezione critica verso la nostra nazione e la sua conoscenza particolare per questo Paese. Nei Fratelli Karamazov si trova persino citato il Conte Mattei, dove a Ponte, località attaccata a Riola di Vergato, si può vedere la Rocchetta che il conte costruì per sé e che ora è sotto restauro da parte della Carisbo, fu sinonimo di questa affezione. Questo per dire che ci sono delle affinità tra le attenzioni dell'autore russo e l'Italia, che può far piacere ritrovare nelle sue opere così come può far piacere scoprire, di un autore, di un cantautore, di un teatrante che si apprezza proprio perché spiega quel che dentro di noi non riuscivamo a spiegare, le sue ispirazioni: sembra quasi un'indiscrezione.

      Grazie per avermi risposto,

      Davide

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    3. "Più giovane e più timido", credo siano proprio queste le caratteristiche che ho riscontrato nel protagonista "notturno" e che non mi hanno conquistato. Nella sua estremizzazione, riconosco al personaggio de "Le memorie" una maggior consapevolezza e una caratterizzazione tale da risultare più in linea con i miei gusti (perché alla fine parliamo proprio di questo: una mera preferenza).

      Grazie a te per aver condiviso queste informazioni con noi e spero, in futuro, di poter leggere ancora i tuoi interventi.
      Buona giornata!

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  8. Bellissimo post, mi è piaciuto molto leggerlo; oltretutto, anche io quando leggo cerco qualcosa di me, qualcosa che renda a parole la mia confusione...

    Tuttavia, devo ammettere che a me non è piaciuto tantissimo questo libro. L'ho letto anni fa (tre, mi pare) e all'epoca mi avevano colpito le parole dell'autore, ma la lettura in sé non mi aveva entusiasmata. Ricordo distintamente di aver pensato che questo fosse un libro il cui obiettivo era di infastidire, in un certo senso quasi disgustare il lettore, spingerlo a disprezzare i personaggi e a rendersi conto che, in fondo, parte di quel disprezzo era da rivolgere anche a sé stessi.

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    1. E questo non ti sembra un artificio letterario magnifico?
      Il fastidio, il disprezzo di cui tu parli, è creato dal nulla, così come il bisogno del lettore di sovrapporsi al personaggio; a prescindere dal tipo di emozione che ne ricaviamo, siamo costretti a chiederci "perché" ne siamo così coinvolti. Perché ci sentiamo così presi, storditi, infastiditi? Ed è inevitabile indirizzare ogni conclusione verso noi stessi.
      Non è tanto questione di entusiasmo, perché lo stesso Dostoevskij ammette, nella prefazione, di aver estremizzato consapevolmente alcune caratteristiche del protagonista per renderlo così, è proprio questione di coinvolgimento.
      O almeno, questo è stato per me.

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  9. Bellissimo e deprimentissimo libro, letto all'università per un meraviglioso corso monografico su "Letteratura e psicoanalisi nel '900" ("La coscienza di Zeno", "Il male oscuro", "La cognizione del dolore" gli altri libri).

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    1. "La cognizione del dolore" è un libro che vorrei leggere da tantissimo tempo. Ho partecipato ad un paio di lezioni di scrittura creativa e, in ogni caso, il nome di Gadda saltava sempre fuori. Mi incuriosisce, ma non vorrei che fosse una lettura troppo complessa. Devo provarci!

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