È possibile imparare a fare lo scrittore? Mi spiego meglio: esiste, secondo voi, un modo attraverso il quale poter apprendere l’arte dello scrivere oppure pensate che ci sia un talento innato che, a prescindere da ogni possibile perfezionamento, non possa essere in alcun modo trasmesso? Che ce l’hai o non ce l’hai, che non puoi barare.
Consigli a un aspirante scrittore
Traduzione di Bianca Tarozzi e Giordano Vintarolo
Rizzoli, 2012
pp. 272
ISBN 9788817058315
In un saggio intitolato Natura e scopo della narrativa, Flannery O'Connor esprime, senza mezzi termini, il proprio pensiero sull’argomento:
[...] non esiste una tecnica da scoprire e applicare che renda possibile scrivere. Se frequentate una scuola dove si tengono corsi di scrittura, dovrebbero insegnarvi non a scrivere, ma piuttosto i limiti e le potenzialità delle parole, e il rispetto loro dovuto. [...] Ad ogni modo, credo che il compito dell’insegnante debba essere in gran parte negativo. Non può infondere in voi ciò che è dono, ma se ne riconosce la presenza, può cercare di distogliervi dal prendere una direzione palesemente errata. Possiamo imparare come non scrivere, ma è disciplina inerente non solo alla scrittura bensì a tutta la vita intellettuale. Una mente sgombra da falsa emozione, falso sentimento ed egocentrismo, si troverà se non altro il cammino libero da certi ostacoli. Se non pensate in modo dozzinale perlomeno, anche se non saprete scrivere bene, non sarà dozzinale la vostra scrittura.Prendiamo in considerazione gli aspiranti per vocazione, quelli che iniziano a scrivere per smuovere le emozioni, le loro e le nostre: basterà loro la lettura di qualche saggio per carpire i segreti degli autori più famosi? Sapete quanto a me piaccia la saggistica di genere, ne abbiamo parlato spesso, e non è mia intenzione metterne in dubbio la validità, anzi, però potremmo annoverare tra le varie tecniche di apprendimento un’alternativa davvero interessante. Poi vi spiego, lasciate che continui questo meraviglioso (e oltremodo prolungato) preambolo. Stesso concetto, versante opposto: come si diventa un buon lettore? Perché, e lo sapete meglio di me, anche leggere è un'arte, e mica tanto facile! O meglio, tutto dipende da cosa pretendete quando approcciate un romanzo, il livello di approfondimento che intendete raggiungere. Io, per dire, maschera e boccaglio, cerco di trattenere il respiro più a lungo possibile, sperando ogni volta di arrivare a scorgere il fondale. Ed è in questi casi che:
Leggere un romanzo è un’arte intricata e difficile. Dovete essere capaci non solo di una grande finezza nel percepire, ma anche di grande sfrontatezza nell’immaginare, se intendete fare uso di tutto ciò che il romanziere – quel grande artista – vi dà.“La finezza nel percepire”. Bello. Magnifico. Ma come si ottiene? Come s’impara? Ognuno ha il proprio modo, il proprio ritmo e soprattutto il proprio bagaglio di esperienze con quale confrontarsi. Perché sono quelle che noi spalmiamo sui libri e che ci tornano indietro ogni volta, è quella l’emozione che sentiamo; che sia violenza, che sia dolcezza, che sia malinconia: è la nostra vita, fatta a pezzi, che torna a noi attraverso la bocca di un altro e, quando questo succede, è difficile continuare ad essere obiettivi. Eppure è importante farlo, provare a formulare un giudizio oggettivo sulle nostre letture, avere gli strumenti per individuare il valore effettivo di un libro, riuscire a distinguere un puro slancio emotivo da una consapevolezza reale e concreta.
Sarebbe sciocco far finta che la seconda parte della lettura, il giudizio, il confronto, sia semplice quanto la prima – aprire la mente allo stormo impetuoso d’innumerevoli impressioni. Continuare a leggere senza più avere il libro davanti, mettere le ombre –forme una vicino all'altra, aver letto e capito abbastanza da poter rendere questi confronti vivi e illuminanti – questo è difficile. È ancora più difficile spingersi oltre a dire: “non solo il libro è di questo tipo, ma ha questo valore. Questo non va. Questo va”. Per portare a termine la seconda parte del compito del lettore servono immaginazione, intuizione, istruzione al massimo grado, ed è difficile credere che una qualsiasi mente ne sia provvista a sufficienza.E se invece di imparare provassimo a diventare quello scrittore? Se al posto di prendere appunti ci alzassimo dai nostri banchi e ci mettessimo dall’altra parte? Allo stesso modo, se riuscissimo ad essere quel lettore? Se provassimo ad entrare nella testa degli artisti, direttamente a contatto con la materia viva e pulsante, cosa potrebbe venirne fuori?
Consigli a un aspirante scrittore è un’antologia che racchiude alcuni passaggi tratti dai saggi di Virginia Woolf (Una stanza tutta per sé, tanto per citarne uno) ma soprattutto alcune pagine dei suoi diari. A primo impatto si potrebbe affermare che “non si può essere più sinceri con l’altro di quanto lo si è con se stessi”. Ma, a pensarci bene, è davvero così? Veramente siamo in grado di raccontarci la verità senza alcuna manipolazione? Le attenuanti, i sensi di colpa mal celati, le esplosioni di rabbia contenute: nei diari c’è la verità ma c’è anche altro, molto altro. Considerate il quaderno di una donna, di una scrittrice, di una lettrice: riuscite ad immaginare quanta materia grezza si nasconda all’interno di quelle pagine?
Il libro è diviso in tre parti: leggere, scrivere, pubblicare. Le prime sezioni, la prima in particolare, è molto, molto bella: assistiamo alle confidenze di un'autrice con una forte passione per i libri, leggiamo di articoli e recensioni che la stessa pubblica su numerose riviste dell’epoca, parliamo del rispetto che bisogna portare ogni volta che si giudica un libro anche esprimendo il più negativo giudizio. Virginia è nata nella letteratura; dal padre, agli amici, fino al marito: tutto intorno a lei è arte. Una fortuna e un grosso peso insieme. Poi c’è la fatica dello scrivere; i suoi libri, uno dietro l’altro. Nei diari si legge dei giorni spesi su Mrs Dalloway, dei capitoli sulla pazzia, del timore di sembrare “troppo abile” a parlarne. Di Gita al faro, del romanzo più consapevole, della sperimentazione della scrittura a diversi livelli. Di Orlando, dello strano impulso del creare per divertimento. Del prossimo libro, che sarà sicuramente migliore.
Il libro è diviso in tre parti: leggere, scrivere, pubblicare. Le prime sezioni, la prima in particolare, è molto, molto bella: assistiamo alle confidenze di un'autrice con una forte passione per i libri, leggiamo di articoli e recensioni che la stessa pubblica su numerose riviste dell’epoca, parliamo del rispetto che bisogna portare ogni volta che si giudica un libro anche esprimendo il più negativo giudizio. Virginia è nata nella letteratura; dal padre, agli amici, fino al marito: tutto intorno a lei è arte. Una fortuna e un grosso peso insieme. Poi c’è la fatica dello scrivere; i suoi libri, uno dietro l’altro. Nei diari si legge dei giorni spesi su Mrs Dalloway, dei capitoli sulla pazzia, del timore di sembrare “troppo abile” a parlarne. Di Gita al faro, del romanzo più consapevole, della sperimentazione della scrittura a diversi livelli. Di Orlando, dello strano impulso del creare per divertimento. Del prossimo libro, che sarà sicuramente migliore.
Quando scrivo sono semplicemente una sensibilità.Leggendo questi passi io ero Virginia Woolf e mi rendo conto che è più quello che ho assimilato inconsapevolmente che quello che ho imparato consciamente.
Ora che sei giovane, scrivi pure risme di stupidaggini. Sii sciocco, sii sentimentale, imita Shelley, imita Samuel Smiles. Credo le redini a ogni impulso, fai tutti gli errori di stile, grammatica, gusto, sintassi. Riversa in massa. Rovesciati. Lascia andare la rabbia, l'amore, la satira con tutte le parole che riesci a cogliere, costringere o creare, con qualsiasi metrica, prosa, poesia o borbottio che ti viene. Così imparerai a scrivere. Ma se pubblichi, la tua libertà sarà sotto scacco. Penserai a quello che penserà il pubblico. Scriverai per gli altri quanto dovresti scrivere solo per te stesso. E che senso avrebbe dominare il torrente impetuoso delle stupidaggini spontanee che è ora, e solo per qualche anno, il tuo dono divino per pubblicare compiti libriccini di versi sperimentali?Questa raccolta è una finestra sulla mente di una grande scrittrice: può farvi solo che bene.
Consigli a un aspirante scrittore
Traduzione di Bianca Tarozzi e Giordano Vintarolo
Rizzoli, 2012
pp. 272
ISBN 9788817058315
Virginia è Virginia. Punto. Non c'è altro da dire. Anzi, da dire ce ne sarebbe eccome, perché un sacco di verità escono dalla sua penna.
RispondiElimina"Quando scrivo sono semplicemente una sensibilità."
Cioè... si può commentare questa frase?
Grazie per lo splendido post.
Credimi, quella frase è quella che mi ha colpito di più.
EliminaSublime.
interessante, grazie del benefico suggerimento :D
RispondiEliminaGiusto per concludere il ciclo della Virginia saggista! ;)
EliminaCiao, ti scopro grazie al commento che hai lasciato sul mio blog. Ho letto questo opuscolo di Virginia diversi anni fa e...devo prendere atto che me ne ero dimenticata. Non ricordavo i suoi contenuti. Ho amato molto diversi suoi libri ma questo lo avevo proprio rimosso. Dev'esserci un motivo!
RispondiEliminaComunque, penso esattamente che sia come si dice, e cioè che per scrivere bisogna sentire/pensare "in modo non dozzinale", io non penso che si possa imparare a tavolino. Si impara, sì, ma sin da piccoli/e. E vale anche per la lettura. E dopo la frase di Woolf mi sono sciolta :)