Nelle terre di nessuno: il Kentucky di Chris Offutt

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«Sulla collina nessuno ha finito le superiori. Da queste parti ti giudicano per come ti comporti, non da quanto ti credono intelligente». Comincia così Segatura, il primo racconto della raccolta Nelle terre di nessuno di Chris Offutt. Comincia con un paio di informazioni che definiscono il carattere degli abitanti del posto, ma di che posto stiamo parlando? Il libro di esordio di Offutt, pubblicato per la prima volta nel 1992, si apre con una cartina che traccia il perimetro di un’ipotetica zona di confine, una comunità che non esiste ma che è molto simile ad Haldeman, la terra da cui proviene lo scrittore; si trova nei Monti Appalachi e non conta più di duecento abitanti. Sono persone che vivono insieme «nell’unico punto dove c’è abbastanza spazio tra le colline» e che hanno imparato ad andare avanti senza aspettarsi troppo.

Resistere è un po’ il leitmotiv che percorre tutti i racconti: l’unico scopo è assecondare il ritmo delle stagioni (attendere alla primavera, sopravvivere all’inverno), un ciclo sul quale si poggiano le vite degli uomini, che trascorrono tra bevute (soprattutto di kentucky straights (1)), bravate e morti accidentali, e quelle delle donne, che se la cavano peggio perché destinate a consumarsi lentamente. Nelle terre di nessuno si applicano gli insegnamenti della Bibbia, quando gli abitanti non sono troppo arrabbiati con un Dio che sembra essersi dimenticato di loro; allora preferiscono far affidamento su quello che imparano dal lavoro, dall’esperienza, dallo scontro col quotidiano. È una vita da branco, gestita rispettando codici di condotta basati su valori tradizionali. Le regole da ricordare sono poche e molto chiare:
«Sparate per uccidere», diceva, «non fate le cose a metà. Se alla quinta carta ne avete tre dello stesso seme, passate. Non regalate mai niente a una donna. Se fate a pugni colpite sempre per primi».
Attaccare, colpire, difendersi, colpire di nuovo, uccidere; accettare la morte, quella degli altri e la propria, come un fatto naturale. I figli diventano uomini e poi genitori, e dai genitori ereditano il nome e la responsabilità dell’intera famiglia. «Adesso sei tu un Boatman», dice il nonno al piccolo Vaughn (nel racconto Quello che devi lasciare). Ma il codice non si spiega e le relazioni, nelle terre di nessuno, sono piene di silenzi. Non c’è domanda, nessuna risposta: chiedere spiegazioni non è concesso. Ognuno resta chiuso in se stesso, isolato in un’incomprensione che diventa alienante, così gli insegnamenti dei padri vengono messi in pratica di getto, nelle situazioni di maggior pericolo. E il pericolo è l’ambiente ostile, quella natura che ha un po’ il sapore del nemico nelle storie di Ernest Hemingway. A guidare gli uomini nelle terre di nessuno è soprattutto l’intuito e un certo spirito di sopravvivenza.

Nella sua raccolta, Offutt ha messo insieme racconti diversi: cambia un po’ il genere, cambia il ritmo; lo stile si adatta alla nuova prospettiva della voce narrante. La sua è una scrittura calibrata, che non si concede troppi virtuosismi, in perfetta coerenza con le storie che racconta; storie che riprendono la tradizione orale, costruite su motivi cantilenanti ed evocativi. La suggestione viene amplificata dagli elementi surreali che utilizza e che fanno di certi racconti echi di vecchie leggende. Meno efficaci rispetto ai racconti più realistici, i miti raccolgono le credenze dei nativi americani – Shawnee, Melungeon –, ancora presenti nel sangue contaminato dei bianchi delle colline; esistono amuleti in grado di interpretare le nascite che verranno (Zia Lith, l’ultima levatrice), ciondoli che mostrano la via di casa (ancora Quello che devi lasciare), strani incidenti rimandano a riti e antiche maledizioni (Luca calante). È colpa del luogo, la natura selvaggia che li circonda? O sono loro, gli abitanti, che hanno corrotto la terra? Nei racconti di Offutt, l’uomo è costretto a giocarsi la salvezza contro orsi, puma, coyote e serpenti, a dimostrare ogni volta di essere l’animale più forte della foresta. Qualche volta vince, qualche volta perde. Ma è nella resa la vera vittoria, quando la voglia di primeggiare abdica a favore di un rapporto di reciproca fiducia. È in quel momento che la natura si svela in tutti i suoi segreti.
«L’ho visto», disse Vaughn. «Ho visto il cervo».
«No», disse Lije. «È lui che si è mostrato».


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Nelle terre di nessuno, Chris Offutt. Minimumfax, 2017. Traduzione di Roberto Serrai.



(1) Il Kentucky straight è un whisky realizzato in piccoli lotti, creato dalla miscela di whisky a base di mais, segale e malto d’orzo. Non a caso, è anche il titolo originale della raccolta dei racconti di Offutt.


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