Primo amore e altri affanni di Harold Brodkey

Mi sono innamorata de Lo stato di grazia come se leggessi un racconto per la prima volta. 
È il primo della raccolta Primo amore e altri affanni, il più bello in assoluto. L'ho amato di un amore viscerale. L'ho letto una volta, due, tre, quattro. Alla quinta potevo anticipare le parole. Ancora adesso lo rileggo, e non mi stanca mai: ritrovo sempre quell'emozione, così autentica, così inaspettata, di qualcosa che avviene una volta. Come il primo amore, il primo abbaglio. Come il dolore, come ogni prima angoscia. Il resto, tutto quello che verrà dopo, apparterrà a un universo di sentimenti che impareremo a conoscere, che non ci stupiranno più. Sapremo di poter affrontare qualsiasi cosa, perché ci è già successa. Siamo sopravvissuti.

Harold Brodkey scrive come se lo facesse ogni volta per la prima volta, con gli occhi gonfi di emozione. Ne deriva uno stile morbido, avvolgente, ma malinconico. Una dolce tristezza, un sottile dispiacere. Sembra destinato a non ripetersi. Non più in quel modo, non con quella ingenuità.

Leggo l'incipit, e già intravedo qualcosa di luminoso:
Esiste una particolare gradazione di mattoni rossi - un rosso cupo, quasi melodioso, profondo e venato di blu - che è la mia infanzia a St. Louis. Non l'infanzia vera: ma quella finta, che si estende dal primo albeggiare della consapevolezza fino al giorno in cui si lascia la casa per entrare all'università. Quella gradazione di mattoni rossi e fogliame verde è St. Louis in estate (l'inverno è soltanto un cielo grigio e un autobus affollato e impronte umide sul pavimento di linoleum della scuola), e quei mattoni e un cielo pallido sono la primavera. Sono anche la solitudine e lo strano, mortificato stupore del bambino la cui famiglia è stata colpita da una serie di sventure.
È un uomo a parlare, tornando con la mente all'epoca della sua adolescenza. Non era un bambino, come lui stesso ammette. Non era ancora un adulto. Aveva tredici anni, ed era padrone del suo primo barlume di coscienza. Viveva il tempo di mezzo con una sfrontatezza che appartiene soltanto a quell'età, affrontando ogni situazione con una logica spiazzante. 
primo-amore-altri-affanni-brodkey-scratchbookLa sua famiglia era in difficoltà: il padre era in ospedale e la madre cercava di portare avanti la famiglia. Il ragazzino era arrabbiato, desiderava che il padre morisse, che quella situazione di stallo, che non era vita, arrivasse a una conclusione. Voleva che la madre si risposasse con un altro uomo, uno che la corteggiava da tempo, così che tutti i loro problemi potessero trovare soluzione. 
È un pensiero terribile, di fronte al quale ognuno di noi reagirebbe con sdegno. È atroce, ma plausibile. Intimamente vero. Così sincero, così disarmante. È che ad alta voce queste cose nessuno le direbbe, nessuno ammetterebbe di averle anche solo pensate.

Il ragazzo, per arrotondare, lavorava come baby sitter. Aveva in cura un bambino di sette anni di nome Edward. Si divertiva a giocare con lui, ma non riusciva a provare affetto, perché sentiva che quel bambino aveva già ottenuto abbastanza: genitori amorevoli, una vita agiata. Edward aveva molto più di quello che era spettato a lui. E allora il ragazzo decise che il suo amore non l'avrebbe ottenuto, che almeno quello l'avrebbe tenuto per 

Io mi sono innamorata in questo punto, sul finale. Perché mi ha stupito, come mi succede poche volte. Ho riscoperto la semplicità del sentimento attraverso le parole di Brodkey, ricordando che siamo noi, coi nostri veti mentali, le nostre risoluzioni adulte, a complicare quello che complicato non è. Sono tre passaggi, quelli che vi riporto. Tre frasi. Tre bombe, sganciate l'una dopo l'altra. 

Tutti volevano che io li amassi [...].

[...] Ma io volevo che mi amassero prima loro [...].

[...] Se dovevo amare per primo, avrei amato soltanto la perfezione.

Quanto è vero tutto questo? Quanto fa male per quanto è vero? Tutti vogliono essere amati, ma nessuno è disposto a compiere il passo decisivo. Perché è difficile assumersi il rischio di non essere corrisposti. Perché dovrei amarti prima io? Perché io e non tu? Ma è il terzo passaggio, l'ultimo, quello che non lascia scampo: avrei amato soltanto la perfezione, qualcosa che non esiste, e allora non avrei amato affatto. Non con quel trasporto, con quella violenza. Con la pelle, con le ossa. Mai più. 

Brodkey rivela tutta la vulnerabilità dei nostri primi affanni d'amore. Quei ragazzini siamo stati anche noi, noi che siamo stati feriti e ci siamo rintanati in noi stessi, pensandoci al sicuro da ogni emozione. Noi, che abbiamo giurato di non amare niente e nessuno per il resto della vita. 
Noi, che abbiamo tradito la nostra promessa, amando, ogni volta come fosse la prima.



***
Primo amore e altri affanni, Harold Brodkey. Fandango, 2011. Traduzione di G. Randazzi Gambelli.

Commenti

  1. Mi piace e lo voglio! Aggiunto subito in wishlist... :)

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  2. Un sottile dispiacere...
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    1. Non ho ancora capito sul serio quanto ti piacciono i racconti, però Brodkey ci può stare.

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  3. E' pericoloso passare da queste parti; quando descrivi in questo modo un libro, qualunque esso sia, mi vai a toccare qualche corda emotiva che mi fa subito venire la voglia di leggerlo. Se cedessi ogni volta, a quest'ora non saprei più dove mettere i libri ;-)

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    1. Ti ringrazio, come sempre. Però questo è bello davvero! ;)

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  4. Voglia di leggerlo subito. Domani lo cerco in libreria. Grazie!
    Mrs Fog

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    1. Nella recensione non ho parlato del racconto che ti ho suggerito perché quello ha un sapore diverso, più intimo. Leggendolo, se lo farai, te ne renderai conto tu stessa.

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