SCRITTORI ALLO SPECCHIO | Louis-Ferdinand Céline e Ferdinand Bardamu

(Scrittori allo specchio mette gli scrittori di fronte ai loro personaggi per provare a capire dove finisce uno e inizia l’altro. È davvero così netto il confine tra verità e finzione?)

(Un articolo di Paola C. Sabatini)

Un'autobiografia il mio libro? Ma andiamo. La mia vita è molto più semplice e molto più complicata.
L. F. Céline

Céline ha sempre tergiversato sul carattere o meno autobiografico del suo primo romanzo, Viaggio al termine della notte, il cui protagonista è Ferdinand Bardamu ma, siccome Agatha Christie sosteneva che un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza ma tre indizi fanno una prova, non resta che cercare questi indizi tra le pagine del romanzo per scoprire se in effetti sia Bardamu l’immagine riflessa nello specchio di Céline.

Primo indizio: la guerra e le ferite

L. F. Céline, come molti sanno, è lo pseudonimo che L. F. Destouches ha usato come scrittore. Nato nel 1894, a diciott'anni in preda ad un improvviso slancio patriottico, Destouches si arruola nel dodicesimo reggimento corazzieri; due anni dopo, durante un’azione di guerra viene raggiunto da una pallottola e ferito al braccio destro, dopo di che, viene riformato. Nel Viaggio, un giovanissimo Ferdinand Bardamu, mentre è seduto in un caffè di Place Clichy, vede sfilare un reggimento «col colonnello in testa sul suo cavallo, e ci aveva perfino un'aria simpatica e dannatamente in gamba» e, senza pensarci due volte, salta su e decide di arruolarsi, «a passo di corsa per di più». Poche pagine dopo, durante un combattimento, il nostro eroe viene ferito ad un braccio.

Secondo indizio: la professione medica

L. F. Destouches, alias Céline, ferito, riformato e medagliato, durante la sua convalescenza inizia a studiare medicina. Interrompe gli studi per recarsi in Africa – a guadagnarsi la pagnotta – , per poi fare ritorno in Francia, laurearsi e partire di nuovo, questa volta verso l’America, dove troverà impiego come medico a bordo dei piroscafi. Al suo ritorno, viaggerà di nuovo in Africa, rientrerà in patria e decide di aprire un ambulatorio in una banlieu operaia di Parigi, a Clichy tra poveri e diseredati, per nulla riconoscenti ma molto sprezzanti. Di sé in quegli anni dirà di aver prodotto molta "letteratura farmaceutica" – ricette mediche – al mattino e di aver scritto il suo primo romanzo durante la notte, non per vocazione ma per talento e necessità. Céline, infatti, ci teneva a dire che la sua vera vocazione è sempre stata la medicina.
Bardamu dal canto suo vivrà una storia molto simile: una volta arruolatosi, partirà per la guerra dove sarà ferito e poi riformato, tornerà a Parigi dove inizierà a frequentare la facoltà di Medicina, tra un lavoretto e l'altro, bucando spesso gli esami. Anche lui interromperà gli studi per recarsi in Africa e, subito dopo, in America (come Céline), riprenderà più tardi gli studi e, con il diploma "bello roboante", andrà a piazzarsi in periferia, dove riceverà solo disprezzo e sarà oggetto di scherno dei suoi assistiti, al pari del dr. Destouches, ma in un'altra banlieu, a Rancy.

Terzo indizio: l'Africa e l'America

Céline, andrà più volte in Africa, al servizio della Societé des Nations, per conto della quale si recherà anche in Nord America. Bardamu, manco a dirlo, andrà in Africa, imbarcato, per cercare di rifarsi nelle Colonie, e poi anche in America. Qui vivrà per un po' a New York - la "città in piedi" – e poi a Detroit, dove lavorerà in una catena di montaggio e sperimenterà i metodi fordisti. Ma c'è un indizio ancora più forte di questi, legato ai suoi viaggi africani, e sono i tramonti tropicali descritti da Bardamu, talmente belli e intensi che solo gli occhi di Céline prestati a Bardamu avrebbero potuto farli giungere fino al lettore del Viaggio. 

Quarto indizio: "ah…le ballerine!"

«Mi piacciono sempre le ballerine. Non mi piace nient’altro, addirittura. Tutto il resto mi è orribile» è quanto scrive Céline in una lettera del '37 indirizzata a Karen Marie Jansen, una sua amica ballerina, mentre invece, durante una conversazione-intervista rilasciata nel '58 a Robert Poulet suo amico, dirà: «Il corpo femminile mi interessa da sempre... soprattutto le gambe (…) Le più sincere, le gambe. (…) Perciò quando le ho incontrate, le ballerine... Ah, finalmente vedevo delle gambe». Céline ne aveva diverse di amiche ballerine, ne ha perfino sposata una in seconde nozze, Lucette (Lili) Almanzor.
Anche il nostro Bardamu non perde occasione per ammirare e descrivere le gambe delle donne che incontra lungo il suo Viaggio. Molly, la ragazza che frequenterà durante il suo soggiorno americano, viene da lui descritta così: «Mi ricordo come se fosse ieri le sue gentilezze, le sue gambe lunghe e bionde splendidamente agili e muscolose, delle nobili gambe. La vera aristocrazia umana, si ha un bel dire, sono le gambe che la conferiscono, non si può sbagliare». E poi, c'è un esilarante episodio in cui Bardamu, trovatosi un lavoretto come comparsa in un teatro di varietà e si ritrova «maliziosamente attorniato da un magnifico stormo di ballerine inglesi, migliaia di muscoli agitati e precisi».

Insomma, possiamo affermare che gli indizi raccolti formano incontestabilmente un'ottima prova ma, se tutto ciò non fosse sufficiente, abbiamo anche un testimone, Poulet, l'amico di Céline, il quale scrive nel suo libro-intervista Il amico Céline queste parole:
C'è voluto Bardamu perché l'intero essere umano guidato dal movimento delle sue stesse sensazioni, fosse riconosciuto, presentato senza pudori, prima di poter essere contraffatto da interne o esterne censure o da astratti rilievi interpretativi. Fra Céline e il suo eroe c'è come uno scambio di natura formale: in fondo sono uguali, hanno in comune qualcosa di brutale, di cruento, di vulnerabile.


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Citazione in apertura, Céline e l'attualità letteraria, edizione SE, p. 20
Citazioni dal Viaggio al termine della notte di Céline, Corbaccio, p. 16 -266-190 – 2055 e 392
Citazione da Lettere alle amiche di Céline, Edizione Adelphi, p. 209
Citazioni da Il mio amico Céline di Robert Poulet, Edizione Castelvecchi, p. 31 e 95

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