TI RACCONTO | Il nuotatore di John Cheever


(Una rubrica che è un po’ una scusa per parlare delle mie storie preferite. Ti racconto un racconto, mi fermo a un certo punto. Lascio a te il compito di scoprire come va a finire.)

Era un giorno di mezza estate, una domenica pomeriggio, il sole era caldo. Proprio una bella giornata. Solo, una schiera di nubi all’orizzonte, quasi a formare il profilo di una città in lontananza. Ned Miller era sdraiato lungo il bordo della piscina, nel giardino dei Westerhazy, – una mano nell’acqua, nell’altra un bicchiere di gin –, ascoltava le chiacchiere dei suoi amici. Tutti bevevano troppo, o si lamentavano di aver bevuto troppo. Neddy conservava ancora una presenza giovanile, il suo corpo era snello e teso come quello di un ragazzo.
Lasciò che la sensazione dell’acqua tra le dita si mescolasse al tepore concesso dal sole. Pensava: volendo, procedendo in direzione sud-ovest, potrei addirittura raggiungere casa a nuoto, attraversando tutte le piscine della zona. Chi c’era prima? I Graham, gli Hammer, i Lear, gli Howland e i Crosscup. Poi i Bunker, i Levy e i Welcher. Avrebbe dovuto passare la strada statale, ma a quell’ora non avrebbe dovuto esserci molto traffico. La piscina pubblica, gli Halloran, i Sachs, i Biswagner, la piscina di Shirly Adams, i Martin, i Clyde. E casa.
Era una giornata stupenda e sembrava magnifico che una cosa del genere fosse anche solo ipotizzabile: tutta quell’acqua, che aspettava soltanto di essere attraversata. Nessun ci aveva mai pensato? Un grande fiume. Lucinda, l’avrebbe chiamato, come sua moglie. Un aereo volteggiava nel cielo, come un bambino su un’altalena. Era una bella idea, un’impresa quasi eroica, si disse, ed era veramente la giornata adatta per una bella nuotata.
Si tolse la maglietta e si gettò in piscina: «Il sentirsi avvolto e sostenuto da quell’acqua verdognola gli sembrava non tanto un piacere quanto un ritorno a una condizione naturale, e gli sarebbe piaciuto nuotare senza costume, ma questo non era possibile, in considerazione del suo progetto». Immergersi in acqua era come tornare a uno stato di purezza assoluto. Ned attraversò il giardino e raggiunse la casa dei Graham, che lo accolsero con un sorriso largo e un bicchiere pieno. Tante persone, tante voci: una festa continua, la vita della borghesia americana.
Proseguì. Un paio di case erano vuote; Neddy si tuffava, percorreva la lunghezza della piscina, si sollevava facendo forza sulle braccia (non usava mai la scaletta), attraversava le siepi che dividevano una proprietà dall’altra e raggiungeva la vasca successiva. Giunto dai Levy aveva già percorso la metà di Lucinda. «Si sentiva stanco, pulito, e contento di essere solo in quel momento, in pace con tutto».
Un tuono: era in arrivo un temporale. Un altro boato, le nuvole iniziarono ad addensarsi. Ancora tuoni, poi, il rumore dell’acqua che scrosciava da una quercia dietro di lui. Neddy si riparò sotto un gazebo; amava i temporali, in un modo che non riusciva a spiegarsi. Il suono, il profumo. Adorava la pioggia che si scagliava con violenza sulla terra, a voler distruggere ogni cosa.
Dopo la tempesta, l’aria diventò fredda. Neddy raggiunse la casa dei Welcher ma non trovò nessuno. Gli arredi da giardino erano accatastati l’uno sull’altro e coperti da una tela cerata. Erano partiti? Avevano messo in vendita la casa, se ne accorse dal cartello piantato all’ingresso. Quando era successo? Neddy ricordava di aver avuto un invito a cena dai Welcher appena una settimana prima. O era quella prima ancora? Comunque, non aveva importanza: aveva una missione da compiere.
Arrivò alla statale, le macchine sfrecciavano in un senso e nell’altro. Era sul ciglio della strada, in costume da bagno, i piedi scalzi tra lattine, cocci e fango. Iniziò a chiedersi cosa avrebbero potuto pensare le persone, vendendolo. L’avrebbero preso per pazzo, certamente, o anche peggio. Forse lo era. Perché non tornava indietro? Non aveva alcun obbligo, nessuna promessa fatta a nessuno. Era solo una stupida idea che gli era venuta in mente in un fiacco pomeriggio d’estate. Non era capace di voltarsi e andarsene? Perché quella folle impresa era diventata una cosa così importante da mettere a tacere ogni buonsenso? Non aveva risposte. Solo, doveva continuare. «Nella distanza di un’ora, più o meno, aveva percorso una distanza che rendeva impossibile il suo ritorno». 

***

Il nuotatore (The swimmer) è uno dei racconti più belli scritti da John Cheever, il Čechov dei sobborghi newyorkesi. È apparso sul New Yorker il 16 luglio del 1964 e, più tardi, nella raccolta del 1978. È forse una delle prime storie ad aver trattato in modo così incisivo l’ipocrisia della middle class degli anni cinquanta. Neddy, attraversando Lucinda, compie un vero e proprio viaggio. Tutto cambia, fuori e dentro di lui: il tempo, le persone, ad un certo punto anche il suo corpo non sembra più lo stesso. Vasca dopo vasca, Neddy acquisisce una consapevolezza che raggiungerà il suo culmine sul finale, in una scena davvero drammatica. Ricorda un po’ quel sapore amaro che lasciano certe storie di Richard Yates. Nel 1968, Frank Perry e Sidney Pollack ne fecero un film, Un uomo a nudo. Neddy era interpretato dal premio Oscar Burt Lancaster. La mia copia è un’edizione fuori catalogo, pubblicata dalla Fandango nel 2000 (i testi sono tradotti da Marco Papi). Ma Il nuotatore è disponibile in digitale, nella collana Zoom di Feltrinelli, oppure potete trovarlo nella raccolta completa di John Cheever, pubblicata dalla stessa casa editrice nel 2014. Qui, l’autore legge il suo racconto e qui il testo in lingua originale.


Commenti

  1. Tempo fa lessi: "In questo racconto di Cortázar c'è un tizio che vomita coniglietti vivi." Sono andato a cercarmi il racconto per leggerlo. Mi è bastata anche una sola frase che ne riassumesse l'essenza, o una sua peculiarità, per invitarmi alla lettura. Il "racconto di un racconto" mi stimola una grande curiosità, quindi non posso che accogliere con felicità questa rubrica!

    Due tra i racconti che ho apprezzato negli ultimi tempi sono:

    1) C'è un americano su un treno, è in Francia, e sta andando a trovare suo figlio nella città dove studia. Non lo vede da tempo, l'ultima volta che si sono visti hanno litigato, e l'incontro dovrebbe servire a ricucire il loro rapporto andati in pezzi. Il treno arriva alla stazione dove l'americano deve scendere, ma non si alza, decide di non scendere. Il treno riparte, ma si ferma quasi subito per compiere delle manovre. Il protagonista allora abbandona il proprio scompartimento e vaga per il treno in cerca conferme sulla destinazione finale, ma quando torna al proprio vagone scopre che non c'è più, è stato sostituito da un altro.

    2) C'è un tizio che sta dando fuoco a un formicaio e si sente un dio. Ma arriva una folata di vento caldo, si volta, e scopre che la sua città sta andando in fiamme.

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    1. Sono contenta che ti piaccia. Raccontare è la cosa più naturale del mondo. Io lo faccio sempre: appena leggo una storia che mi piace devo subito dirla a qualcuno. Poi c'è chi insiste per farsi raccontare anche la fine ma io tengo duro!
      (Occhio, che hai anticipato uno dei prossimi!)

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  2. Proprio la rubrica di cui avevo bisogno per superare il mio strano rifiuto verso i racconti!
    Quando uscirà la prossima ''puntata''? (:

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    1. Ciao, e benvenuta! I racconti sono "esseri" strani, mettono anche un po' soggezione, ma poi li conosci e non puoi più farne a meno. Tieni d'occhio il blog, presto vi racconterò una nuova storia. ;)

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