SCRITTORI ALLO SPECCHIO | John Fante e Arturo Bandini

(Scrittori allo specchio mette gli scrittori di fronte ai loro personaggi per provare a capire dove finisce uno e inizia l’altro. È davvero così netto il confine tra verità e finzione?)


Alter ego vuol dire altro io. Nel mestiere dello scrittore, creare un alter ego vuol dire scrivere di un altro sé. Questo sé, secondo la critica letteraria, dovrebbe corrispondere a un personaggio con caratteristiche opposte a quelle del suo creatore. Ma non sempre è così; più spesso, l'alter ego diventa un prolungamento dell'artista, l'anello di congiunzione tra realtà e finzione. Il termine autofiction fa la sua prima comparsa ufficiale nel 1977, sulla quarta di copertina di un romanzo dello scrittore francese Serge Doubronsky, ma era già un concetto, in fase embrionale, rintracciabile nel saggio Il grado zero della scrittura di Roland Barthes del 1953. La finzione autobiografica è una tecnica narrativa che permette all'autore di scrivere di sé per mezzo di un altro, lasciando un bel po' di mistero su quali siano i dettagli veri della storia. Non è solo pura affermazione di sé, ma può essere anche sintomo di un'identità negata, una proiezione tesa a quello che avrebbe potuto essere se. O un riflesso di paure, crisi e angoscie.


Tutto questo m'interessa molto. Soprattutto, m'interessa analizzare le connessioni e gli elementi di distacco tra l'autore e il suo alter ego, cercando di capire i motivi che hanno spinto l'uno a inventare l'altro. Di volta in volta, metteremo uno scrittore di fronte al suo altro sé per cogliere ogni differenza e scoprire ogni somiglianza. Proveremo a capire l'uomo, attraverso il suo personaggio.


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John Fante nasce nel 1909 a Denver da Nicola Fante, un immigrato italiano, e da Mary Capoluongo, americana di origini lucane. Arturo Gabriel Bandini compare per la prima volta nell'inverno del 1928 in Aspetta primavera, Bandini. Arturo ha quattordici anni ed è il primo di tre figli nati da Svevo Bandini e Maria, una coppia italiana stabilita a Rocklin, Colorado. In questo libro – il primo che fu pubblicato ma il secondo che scrisse – Fante delinea i primi tratti del suo alter ego. Arturo, come John, vive un'adolescenza complicata, ostacolata dalla condizione di povertà e dal rapporto conflittuale con il padre. Svevo ricalca tutti gli elementi di italianità dai quali Arturo rifugge; il giovane vorrebbe sentirsi un vero cittadino americano mentre il padre continua a ricordare al figlio che loro non saranno mai soltanto l'una o l'altra cosa. Questo contrasto tra i due sarà causa di grossi scontri.


Agli inizi degli anni 30, John si trasferisce a Los Angeles per provare a ribaltare la sorte e conquistare il successo, lavora per qualche rivista e si cimenta in diverse sceneggiature per Hollywood. Scrive il primo libro su Arturo Bandini, La strada per Los Angeles, romanzo che verrà pubblicato soltanto nel 1985. Qui, Arturo è un diciottenne che passa il suo tempo tra un lavoro precario e l'altro, cercando di guadagnare qualcosa per sostenere il resto della famiglia (dalle prime righe dell'incipit, Fante c'informa che Svevo Bandini è morto; nello stesso periodo, Nick Fante lascia Mary per un'altra donna), ma il suo sogno è scrivere, e non c'è alternativa possibile a questo. Diventare uno scrittore è la cosa più importante al mondo. Arturo alterna momenti di totale sconforto a slanci di ostentata sicurezza, con un'enfasi tale da sfiorare quasi il delirio d'onnipotenza:
Camminavo lungo la strada insieme con altri. Chiedevano passaggi agitando il pollice. Accattoni dai pollici come arti di marionette e dai sorrisi pietosi, tutti lì a implorare le briciole dei motorizzati. Senza dignità. Ma non io, non Arturo Bandini con le sue gambe possenti. Non fa per lui, lo scrocco. Che mi passino avanti. Che vadano a centocinquanta chilometri all'ora, che mi riempiano pure il naso dei loro scarichi. Un giorno sarà tutto diverso. Pagherete per questo, tutti quanti, ogni automobilista lungo questa strada. Non ci salirò, nelle vostre macchine, neanche se uscite e mi supplicate e mi offrite l’automobile e mi dite che è mia subito, mia e senza alcun impegno. Piuttosto ci muoio, su questa strada. Ma verrà il mio momento, e allora vedrete il mio nome nel cielo. Allora la vedrete, tutti voi! Io non mi sbraccio come gli altri, non mostro il pollice ricurvo, quindi non fermatevi. Mai! Ciò nondimeno la pagherete.
Le crisi di Arturo scaturiscono dalla condizione psicologica propria di tutti gli immigrati italo-americani dell'epoca: essere italiani in terra americana voleva dire non sentirsi parte di nessuno dei due continenti; una condizione d'alienazione insostenibile: di fatto, era un po' come non esistere. Da qui, l'ossessione di Bandini per la scrittura, come manifestazione artistica e dimostrazione di talento, ma anche come affermazione di sé nei confronti del mondo, un modo per essere senza dubbi di sorta. «Sono uno scrittore, amico! Uno scrittore americano, amico! Sono nato proprio qui nei cari vecchi U.S.A. sotto le stelle e le strisce».

Nel romanzo Chiedi alla polvere (1939), Arturo pubblica un racconto su una rivista importante, ottenendo un grosso profitto, ma dopo quel momento di gloria non riesce a più scrivere, i soldi scarseggiano e l'unica cosa che gli resta è sognare che un giorno, in qualche modo, uscirà dall'anonimato. Arturo rimarca più volte il bisogno di diventare uno scrittore famoso, e famoso vuol dire ricco, ma vuol dire anche immortale, qualcuno che verrà ricordato per sempre. In questo terzo episodio, Bandini conosce Camilla Lopez, una giovane cameriera messicana. Arturo se ne innamora quasi subito, però non riesce a concretizzare questo sentimento; la desidera così tanto ma è incapace di lasciarsi andare, incapace di estraniarsi dalle sue paure per vivere la relazione con spontaneità. Il rapporto con la scrittura vive delle stesse fiamme e di uguali umiliazioni (anche Fante attraverserà diverse crisi narrative). In una lettera al suo editore, Arturo accenna al collegamento tra inibizione sessuale e castrazione artistica: «Dio mio, signor Hackmuth, c'è qualcosa che non funziona, lo slancio creativo se n'è andato e io non riesco più a scrivere. La prego, mi dia un consiglio. Crede che il sesso c'entri in qualche modo perché, signor Hackmuth... perché... […] gli raccontai della ragazza bionda che avevo incontrato al parco.». Si dice che anche Fante si sia innamorato di una Camila Lopez, che non sia mai stato ricambiato o che, forse, non abbia mai avuto il coraggio di dichiararsi. Nelle ultime pagine del romanzo, Camila sparisce e, in preda alla più totale disperazione, Arturo getta il suo manoscritto nel deserto.


John si ammala di diabete, e continua a scrivere, senza ottenere grande successo. Nel 1978, conosce Charles Bukowski. Bukowski, che considera Fante il suo dio, fa il possibile per risollevare le sorti del suo autore preferito; scrive una prefazione appassionata al romanzo Chiedi alla polvere e arriva a minacciare la Black Sparrow Books: non consegnerà il suo nuovo manoscritto se loro non s'impegneranno a ristampare tutte le opere di Fante. Quasi cieco e privato di entrambe le gambe dagli effetti della malattia, John Fante detta alla moglie Joyce Smart il suo ultimo libro: Sogni di Bunker Hill (1982). Arturo Bandini ha vent'anni quando conosce il mondo di Hollywood. Così come Fante, tradisce la letteratura per dedicarsi al cinema, scrivendo sceneggiature che però non raggiungono i risultati sperati. La fortuna sembra girare per il verso giusto quando un editore contatta Arturo per offrirgli un lavoro, ma è un'illusione che dura poco meno di un attimo: il suo compito è editare il pessimo romanzo di una giovane scrittrice, Jennifer Lovelace. Quella con Jennifer è una storia d'amore che, in perfetto stile Bandini, non si concretizzerà. Arturo è affascinato dalle donne, ma non riesce mai a conquistarle. Si divide tra gli studi hollywoodiani e la più quieta Bunker Hill, raccontando i suoi insuccessi con una sfacciata ironia. La storia di Arturo Bandini si disperde tra le strade di Los Angeles, la stessa città nella quale John Fante muore, l'8 maggio del 1983.

Una volta Fante disse: «per scrivere di qualcuno in un libro lo devi amare per davvero» (Lettere, 1932-1981), ed è evidente quanto lui amasse il suo Bandini. Attraverso gli sfoghi e la spavalderia di Arturo, John manifestava tutte le sue frustrazioni: sentirsi americano, soltanto a metà, scrivere con passione, e non riuscire a essere più che potenziale. Non c'è dubbio che Arturo fosse John, nel modo più vero in cui un personaggio può interpretare se stesso.
Cara mamma, passo il mio tempo a scrivere fino a che la situazione prenderà una piega migliore. Ogni scrittore deve fare la fame per un po' prima di valere qualcosa. Deve sperimentare tanto le difficoltà quanto le cose facili, e in questo momento mi tocca la parte brutta di quest'affare di vivere. Non preoccuparti per me. In qualche modo me la cavo sempre.
(John Fante, Lettere)
Un giorno mi avvicinai agli scaffali dei libri e ne tirai fuori uno. Era Winesburg, Ohio […]. All'improvviso il mio mondo si capovolse. Il cielo precipitò. […] Lessi fino a quando mi bruciarono gli occhi. Mi portai il libro a casa. Lessi un altro Anderson. Leggevo e leggevo ed ero affranto e solo e innamorato di un libro, di molti libri, poi mi sedetti lì con una matita e un lungo blocco di carta e cercai di scrivere, fino a che sentii di non poter più continuare perché le parole non mi sarebbero venute come ad Anderson, ma solamente come gocce di sangue dal mio cuore.
(Arturo Bandini, Sogni di Bunker Hill)


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Aspetta primavera, Bandini. Einaudi, 2005. Traduzione di Carlo Corsi.
La strada per Los Angeles. Einaudi, 2005. Traduzione di Francesco Durante.
Chiedi alla polvere. Einaudi, 2004. Traduzione di Maria Giulia Castagnone.
Sogni di Bunker Hill. Einaudi, 2004. Traduzione di Francesco Durante.

Commenti

  1. Questa mattina sfogliavo La confraternita dell'uva ed anche lì cita Anderson, oltre che Dostoevskij.
    Io trovo delle similitudini anche tra Henry Molise e John Fante e Nick Molise e Nicola Fante, figlio e padre nella Confraternita. Sarà un alter ego anche lui?
    Paola C.S.

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    1. Il discorso è complesso (e me ne sono resa conto solo quando ci sono finita in mezzo): l'alter ego non è soltanto un personaggio nel quale si riconosce qualcosa dell'autore (perché, altrimenti, tutti i personaggi potrebbero essere considerati "altri sé"), ma dovrebbe esserci un legame più profondo tra i due. Per esempio, tra tutti i personaggi inventati da Kafka, Gregor Samsa sembrerebbe il più adatto a interpretare un alter ego.

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  2. Rubrica davvero molto interessante. E hai trattato Bandini alla meraviglia :-)

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