Impariamo l’arte dell’ozio, almeno fino a settembre

È sempre un fare. Anche questi giorni di libertà diventano occasioni per impegnarci in progetti che non avevamo avuto il tempo di portare a termine nei mesi precedenti. Iniziamo, proseguiamo, comunque programmiamo. L’importante è fare, e, anzi, anche solo sapere che si farà. L’ozio fine a se stesso ci spaventa. Eppure gli intellettuali di ogni secolo hanno sempre celebrato l’attività dell'inattività: da Seneca, col suo De Otio, fino a Bertrand Russell; un Elogio, quello del filosofo gallese, che diventa Arte, nel libro di Hermann Hesse. L’ozio, in ogni caso, come stimolo a trovare nuovo entusiasmo, artistico ed esistenziale. Perché allora è sempre più difficile lasciarsi andare a questa insolita pratica creativa?

Un paio di settimane fa, su La Lettura, Donatella Di Cesare scriveva un articolo dal titolo La vacanza possibile: un’analisi che metteva in luce i motivi della nostra incapacità di rilassarci. Sono emersi un paio di problemi, tutti legati ai ritmi serrati e asfissianti del nostro presente; in un tempo che corre più veloce dell’orologio, ogni spazio vuoto è una mancanza. La mancanza è, nella trama delle reti sociali, un’assenza, una non esistenza. L’oblio. Se noi ci fermiamo, gli altri ci supereranno. O, peggio, ci dimenticheranno. Uno studio condotto da Over-Graph c’informa che la vita media di un contenuto su Twitter è di 4 ore e 4 minuti, il che vuol dire che per continuare a esistere, in una dimensione che è sempre più digitale, dovremmo cinguettare almeno 6 volte al giorno. I post su Facebook sono più longevi, e possono arrivare a vivere anche 14 ore e 42 minuti. Non solo: Klout ci suggerisce che il periodo migliore per postare uno stato su Facebook è in tarda mattinata o nel primo pomeriggio, tempo che varia da città a città, da continente a continente. Quanto, quindi, ma anche quando, e cosa, e come. 

Facciamo che ci ribelliamo a tutto questo? Facciamo che ci impegniamo a non fare? E dimentichiamoci, almeno per un po’. Io proverò a dimenticarmi, perché credo che sia l’unico modo per riuscire a inventarmi di nuovo. E voi fate lo stesso: dimenticate me, dimenticate voi stessi. Diamoci soltanto un appuntamento, ai primi di settembre. Se ci saremo, se ci saremo tutti, vorrà dire che abbiamo creato qualcosa che sembra quasi vero, e che esistiamo, appena più degli altri.

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A presto. E che l’arte dell’ozio impegni tutte le vostre giornate.
Quando l’ombra del telaio si disegnò sulle tendine era tra le sette e le otto del mattino, e fui di nuovo dentro il tempo, sentendo il ticchettio dell’orologio. Era quello del nonno e quando me lo diede il babbo disse: Quentin, eccoti il mausoleo di ogni speranza e desiderio; è molto probabile, purtroppo, che te ne serva anche tu per ottenere il reducto absurdum di ogni umana esperienza, che non farà per i tuoi bisogni individuali più di quanto fece per i suoi o per quelli di suo padre. Non te lo do perché tu possa ricordarti del tempo, ma perché ogni tanto tu possa dimenticarlo per un attimo e non sprecare tutto il tuo fiato nel tentativo di vincerlo. Perché, disse, le battaglie non si vincono mai. Non si combattono nemmeno. L’uomo scopre, sul campo, solo la sua follia e disperazione, e la vittoria è un’illusione dei filosofi e degli stolti.
(William Faulkner) 


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Leggere l’ozio:
De Otio, Seneca
Elogio dell’ozio, Bertrand Russell
– L’arte dell’ozio, Hermann Hesse
– L’ozio come stile di vita, Tom Hodgkinson
– Ozio creativo, Domenico De Masi

Commenti

  1. Già solo per la citazione di Faulkner, questo articolo merita di essere letto. L'ozio, padrone dei vizi oppure l'ozio, strumento per conoscersi meglio e stare un po' da soli con se stessi.
    Io, invece, tanto per non stare con le mani in mano, ho iniziato "Luce d'agosto" dello stesso autore.
    Buone vacanze.
    Paola C. Sabatini

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