L’urlo e il furore: un racconto che significa tutto

Ho sempre creduto che l'inferno fosse una dimensione soltanto mia, una sorta di gabbia dalla quale nessuno potesse tirarmi fuori. E da lì, da quella prospettiva distorta, socchiudevo gli occhi affinché le sbarre fossero meno grevi. Mi focalizzavo sulla luce, su quello che riuscivo a filtrare dal mondo. Ero fiera di me perché pensavo che, nonostante tutto, mi trascinavo con disinvoltura, a dispetto degli altri che non si accorgevano di nulla. Nessuno riusciva a comprendermi perché nessuno poteva raggiungermi. Non avevo mai pensato che ci fossero altre celle, ancora più strette, più anguste, che scontavano il mio stesso peccato. «C'è una maledizione su di noi non è colpa nostra è forse colpa nostra?». Non so se la dannazione sia colpa o destino, il fato che si compie nel momento in cui mettiamo piede su questa terra. Se sia qualcosa di nostro, che ci appartiene, o che ci contraddistingue in quanto esseri umani. «Allora siamo stati tutti avvelenati». Come posso accettare che qualcuno sia colpevole del solo fatto di essermi accanto? Colpevole di volermi bene? «Tu confondi il peccato con la moralità». Qual è la differenza, quando tutti dobbiamo subire lo stesso castigo? Quando l'inferno si estende, al di là di noi, e colpisce nostra madre, nostro padre. «Hai mai avuto una sorella?» Quando la maledizione scorre nel sangue, il sangue che fluiva ancor prima di noi, prima di quelli prima di noi, prima ancora, e scorrerà attraverso di noi, oltre di noi. A prescindere da noi. Qualcosa che non ha più a che fare con me, con te, ma arriva a contagiare la casa, la terra, ogni parte del cielo. «Anche il suono pareva spegnersi in quell'aria, come se l'aria si fosse stancata di portar suoni per tanto tempo».
William Faulkner utilizza la tecnica del flusso di coscienza lasciando il pensiero di ogni personaggio libero di correre in diverse direzioni. La sua prosa è discontinua, così come potrebbe essere un giorno vissuto nella mente di qualcun altro. Il pensiero si contorce, si intreccia con i ricordi, viene scalzato dalla realtà, si ribella, si trasforma. Non si chiarisce mai, perché la coscienza accumula e non sottrae.

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L'urlo e il furore fu pubblicato nel 1929, l'anno del crollo di Wall Street, dell'inizio della Grande Depressione. Nello stesso anno Ernest Hemingway diede alle stampe Addio alle armi, ma mai due libri furono così diversi: se a Hemingway corrisponde uno stile scarno, asciutto e essenziale, a Faulkner dobbiamo il merito di una forma d'espressione densa e ricca. La sua scrittura, leggiamo nell'introduzione di Emilio Tadini, «ha a che fare con i gesti più elementari (...) e con le più sfrenate meditazioni sulla vita e sul mondo». Faulkner passa «Dall'iperbolico all'elementare. Dal quotidiano all'eterno. Dal lungo, avvolto, al breve, rettilineo». Il suo stile sembra trarre ispirazione dalle acque del Mississipi, sulle sponde del quale lo scrittore ha vissuto tutta la sua infanzia: il fiume avanza frastagliandosi in meandri tortuosi, poi procede ancora, lento e impetuoso, lasciando traccia del suo passaggio in ogni solco. Il romanzo accoglie la storia dei coniugi Compson e dei loro quattro figli: Quentin, Candance (Caddy) Jason e Benjamin. La vicenda, la stessa, è narrata da quattro punti di vista diversi, e questo è già più di quanto avrei voluto rivelarvi. Leggendo Faulkner sembra che nessuno, prima o dopo di lui, abbia saputo descrivere l'umanità nella sua ferocia più disperata.
Continuavano ad avvicinarsi. Io aprii il cancello e loro si fermarono, voltandosi indietro. Io cercavo di dire qualcosa, e lei cacciò un urlo e io cercavo, cercavo di dire qualcosa, e la presi per un braccio, cercando di dire qualcosa, e le forme lucenti cominciarono a fermarsi e io cercai di uscire. Cercavo di strapparmela dal viso, ma le forme lucenti avevano ripreso a muoversi. Andavano su per il colle fin dove cominciava la discesa e io cercai di piangere. Ma quando mi riempii i polmoni non fui più capace di vuotarli per piangere, e cercavo di non cadere giù dalla collina e caddi giù dalla collina tra le forme lucenti e vorticose.
L'urlo e il furore è libro meraviglioso. Un romanzo cupo, oscuro, che racchiude le ossessioni e le angosce del popolo del sud. Di un'America secca, arsa, ma ancora fertile.
[...] bastava camminarci per accorgersene. (La nostra terra) aveva una specie di fecondità, immobile e violenta, che saziava, come una fame di pane. Che ti scorreva tutt'intorno, senza fermarsi a coccolare ogni misero sassolino. Come se fosse solo un espediente per far girare il verse tra le piante e anche l'azzurro della lontananza una chimera non così seducente.
L'urlo e il furore è un libro difficile. Ma se voi riuscirete a scorgere gli stessi lampi di luce che ho intravisto io, in quei vuoti d'anima. Quella verità, sporca, nuda, quella verità vera. Se arriverete a guardare l'uomo per quello che è, senza giudicarlo, dalla crepa del vostro inferno, allora anche voi, come me, non conterrete il vostro entusiasmo. Perché io sono entusiasta, entusiasta di averlo letto. Di essermi fidata e affidata, senza aver cercato alcun appiglio. Ho lasciato che ogni personaggio si raccontasse, che il suo pensiero scorresse, attraverso le pagine, a me, e di nuovo sulla carta, come un flusso continuo e inarrestabile. Come un fiume. Gli urli soffocati, i pianti straziati. Ho vissuto il momento di ogni istante.
Se di là ci fosse almeno un inferno: la pura fiamma noi due più che morti. Allora tu avrai soltanto me allora solo me allora noi due tra l'esecrazione e l'orrore oltre la pura fiamma.
La vita è «un racconto detto da un idiota, pieno di urlo e furore, che non significa nulla», scrive Shakespeare nel Macbeth. Ma le pagine del romanzo di Faulkner, proprio quelle che in apparenza non significavano nulla, mi hanno regalato un'esperienza di lettura tra le più belle di tutta la mia vita.



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L'urlo e il furore, William Faulkner. Einaudi, 2014. Traduzione di Vincenzo Mantovani.
Introduzione di Emilio Tadini. Postfazione di Attilio Bertolucci.

Commenti

  1. Grazie per avermi di nuovo calata nell’atmosfera di questo bellissimo romanzo, che con il tuo modo così originale di descriverlo diventa ancora più suggestiva. Hai ragione, per godersela in pieno questa storia bisogna proprio abbandonarsi al suo flusso, lasciandosi avviluppare da ogni più piccola sensazione senza farsi troppe domande.

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    1. Capisco chi non l'ha apprezzato, e capisco ancora di più chi l'ha abbandonato, ma per me è stato davvero una rivelazione. I primi due racconti, quelli nei quali iniziavo a capire qualcosa ma neanche tanto, sono stati i passaggi più intensi per me. Alcuni passi, a rileggerli, mi sconvolgono ancora.

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  2. Questo libro, con il suo titolo altisonante che mi ha sempre messo in soggezione, giace impolverato da decenni nella libreria di casa mia, non ho mai preso in considerazione l'idea di leggerlo e di leggere Faulkner in generale, ho un sesto senso più simile ad una certezza che non faccia per me e non sia nelle mie corde. Ma se tu lo definisci una tre le più belle esperienze di lettura della tua vita deve essere davvero potente e speciale! Proverò a sfogliarlo, mi hai reso curiosa...

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    1. Se lo sfoglierai soltanto sono sicura che non proseguirai oltre. In realtà non so neanche se potrebbe piacerti, non so fino a che punto potrebbe piacere a tanti gli altri. È un libro complesso, nello stile e negli argomenti, e per apprezzarlo bisogna essere predisposti sul serio. Una sorta di "qualunque cosa tu faccia per farmi mollare, io continuerò a leggerti". Oppure c'è la seconda opzione: leggere prima l'introduzione, la trama e la prefazione, per arrivare preparata alla prima testimonianza. Ma così rischi di perderti gran parte del furore!

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  3. Hai citato due autori, Faulkner in particolari, che penso debbano essere letti almeno una volta nella vita. Fanno parte basilare della letteratura, e la fredda realtà di quest'ultimo, cupa e grigia, beffarda e ironica a volte , ti avvolge tra le spire dei vari personaggi. Da assaporare lentamente come un vin d'annata!
    Bacio amica bella!

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    1. Hai perfettamente ragione!
      Un bacio a te, e buona domenica.

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  4. Sarà di sicuro tra le mie prossime letture,mi spaventa un poco proprio per questa sua cupezza,vedremo...

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