Il cuore di Lady Macbeth negli occhi di Javier Marías

Eccole, vedi, adesso le mie mani han lo stesso colore delle tue;
ma mi vergognerei d'avere in petto un cuore così bianco. 

L'altro giorno riflettevo su Shakespeare, su quanto lui sia uno dei cardini della letteratura e su quanto poco noi ci rendiamo conto di ciò. Io, almeno. È che non ho l'occhio allenato. Sarà che sono miope, ma non sempre riesco a cogliere la bellezza delle cose. Questa frase per esempio. Questa frase è tratta da Macbeth. Io l'ho scoperto solo durante la lettura del libro di cui vi parlerò a breve e, appena terminata, sono andata a recuperare il dramma di Sir William. E lì questa frase l'ho trovata. Magnifica. Ma sono sicura che non l'avrei apprezzata se non l'avessi vista attraverso gli occhi di Javier Marías. Che l'ha isolata, evidenziata, elevata. Che ci ha scritto un libro intero su questo verso. Un cuore così bianco. Che poi è il motivo per il quale ho scelto di leggerlo.

Il verso che apre l'articolo si trova nella seconda scena del secondo atto. Il generale Macbeth, spinto dalla profezie delle tre streghe e sollecitato dalla moglie, uccide il re Duncan per conquistarne il trono. Il generale raggiunge Lady Macbeth, subito dopo aver compiuto il gesto, con le mani imbrattate di sangue. È sconvolto e confuso, tant'è che afferma:
[...] Potrà mai il gran mare di Nettuno lavar dalle mie mani questo sangue?
No, ché sarà piuttosto questa mano a tinger del suo rosso le variegate acque degli oceani
e far del loro azzurro tutto un rosso.
La moglie prende in mano le redini della situazione e si reca nella stanza del re con l'intento di sporcare di sangue i pugnali dei servitori che erano di guardia; in questo modo la colpa dell'omicidio sarebbe ricaduta su di loro. Lady Macbeth mostra le sue mani, insanguinate come e più di quelle di suo marito; colpevole, anche se non ha commesso il fatto. Per averlo saputo, per aver partecipato, per essere stata complice. 

Il libro di Marías si apre con una tragedia. Un suicidio - di cui non vi dirò nulla — raccontato da un personaggio che per tre quarti del libro è il protagonista apparente della vicenda. Del perché di quel gesto — come sopra, non dico niente — lui, lo pseudo-protagonista, ne verrà a sapere soltanto alla fine. E molto altro ancora scoprirà, nascosto dietro la porta della sua camera, ascoltando, dalle parole di suo padre, Ranz, la vera storia della sua famiglia. 

È, tra le altre cose,
un libro sul matrimonio. Juan, traduttore, sposa Luisa, traduttrice a sua volta, conosciuta nell'ambito di un impegno di lavoro. Lei, in quell'occasione, era la sua rete. La rete è il traduttore di riserva che viene impiegato nelle conferenze tra esponenti politici di un certo calibro. In sostanza, la rete controlla e approva la traduzione del primo interprete; nel caso, interviene per correggere gli errori. Comunque, Juan e Luisa si sposano. Ma questo accade prima, prima che la carta del libro assorbisse la loro storia. Noi incontriamo i due sposi durante la loro luna di miele. Un episodio, in apparenza di poco conto, suscita in Juan diverse perplessità. Una, in particolare.
E adesso? 
Questa è la domanda che gli pose suo padre, il giorno delle nozze: E adesso? Cosa farò adesso? Cosa succede, adesso? Come devo comportarmi adesso che sono sposato, che ho una famiglia mia? Cosa si aspettano da me? E lei, lei cosa si aspetta da me? Cosa diventeremo, tra dieci anni? Stiamo già cambiando? Lei, è cambiata? E io, io cambierò? Adesso. Come lo risolvo, il mio adesso? 
 
Un pensiero non è reale finché resta solo un'idea. È un embrione, un potenziale. Non è niente. Come un tradimento. Come una colpa. È meglio mantenere il segreto, nonostante tutto. Oppure no, oppure è meglio dirsi tutto, tutto quello che non va, tutto quello che abbiamo fatto, tutto quello che non avremmo mai voluto fare. Meglio essere sinceri, lasciare andare le parole, liberarsi, dal peso del silenzio. Liberarsi. Ma a quale prezzo? È un libro sulla responsabilità del segreto, sul senso di colpa, sulle verità che sporcano l'anima.
Mi amerai ancora di più sapendo ciò che ho fatto, benché il saperlo macchi il tuo cuore così bianco.

***
Un cuore così biancoJavier Marías. Einaudi, 2014. A cura di Paola Tomasinelli.
Piccolo appunto: gli incisi. Troppi, troppi incisi. Avete presente quelle frasi tra parentesi (le precisazioni) che tendono (o almeno così pare) a chiarire alcuni concetti (o interi periodi) a discapito della fluidità di lettura? Però si sorvola: il libro merita, fuori e dentro la punteggiatura.

Commenti

  1. Se riesci anche a farmi rivalutare, chessò, un Verga o un Manzoni... diventerai la mia prof.

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  2. Ho sempre trovato bellissimo il titolo di questo libro, ma scopro solo ora che la sua fonte è Shakespeare!
    Mai letto nulla di Marìas, ma all'università ricordo di aver dato un esame monografico sulla letteratura postmoderna che faceva riferimento anche a lui (veniva citato soprattutto Domani nella battaglia pensa a me). Forse avrei dovuto approfondire la sua conoscenza!

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    1. Sì, forse "quello della battaglia" è il libro più conosciuto. Però, questo titolo mi ha colpito da sempre.

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  3. Di Marìas ho letto Domani nella battaglia pensa a me, un'altra storia molto interessante e fortemente dipendente da reminescenze shakespeariane che me l'hanno resa poco chiara in unione ad uno stile che, effettivamente, compromette non poco la scioltezza della lettura. Quando avrò letto i due drammi in questione sarò forse più pronta ad apprezzare questo autore.

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    1. Allora non sono solo io ad aver notato questa cosa! È un peccato perché in certi passaggi, per privilegiare la chiarezza dei concetti che vuole esprimere, spezza letteralmente il flusso di lettura.

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  4. Che bel post... Mai letto niente di Marìas: mi hai fatto venire voglia di metterlo in lista...

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    1. E allora fallo! Poi, nel caso, puoi sempre incolpare me! ;)

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  5. Io di Marìas ho letto lo splendido "Gli innamoramenti". E questo mi attirava proprio per il titolo splendido.
    Bellissimo post, comunque.

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    1. Eh sì, ricordo che ti piacque molto. Io, se riesco, vorrei completare la trilogia sentimentale. Vediamo...

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    2. ma che brava sei

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