Lezioni americane di Italo Calvino #2: rapidità



Per capire al meglio questa seconda lezione, dobbiamo prestare attenzione alle piccole differenze che intercorrono tra termini simili. La rapidità non è la velocità, il significato è più complesso.

Calvino introduce l’argomento raccontando una leggenda su Carlomagno, riferendosi alla versione tratta da un quaderno d’appunti dello scrittore francese Barbey d’Aurevilly; la stessa storia è stata ripresa, in modi e stili diversi, da tanti altri scrittori (Petrarca, Erizzo, Betussi, Paris), ma Calvino dice di preferire la prima trasposizione. 
Perché? Per l’economia del racconto.
Con questo non voglio dire che la rapidità sia un valore in sé: il tempo narrativo può essere anche ritardante, o ciclico, o immobile. In ogni caso il racconto è un’operazione sulla durata, un incantesimo che agisce sullo scorrere del tempo, contraendolo e dilatandolo.
Rispettare i tempi tecnici, è proprio questo il punto; non è questione di abbreviare, tagliare e riassumere, ma di capire e assecondare il respiro della storia che si vuole narrare. Lo stesso Calvino ammette che, in un certo periodo della sua attività, si è sentito attratto dalle favole proprio per l’economia, il ritmo e la logica essenziale con cui venivano raccontate. 
È facile cadere in errore perché, a primo impatto, potremmo dedurre che l’economia espressiva non lascia spazio a fronzoli verbali di alcun genere. Ma la rapidità non è intesa come una corsa contro il tempo: è una tecnica di distribuzione differenziata, «perché più tempo risparmiamo, più tempo potremo perdere».
La rapidità dello stile e del pensiero vuol dire soprattutto agilità, mobilità, disinvoltura; tutte qualità che s'accordano con una scrittura pronta alle divagazioni, a saltare da un argomento all'altro, a perdere il filo cento volte e a ritrovarlo dopo cento giravolte.
L’iterazione e la digressione non rappresentano soltanto strumenti di cui può avvalersi lo scrittore secondo coscienza, ma diventano mezzi necessari affinché la dimensione temporale di un fatto sia trasmessa al lettore nel modo giusto. Vi riporto un passo citato nel saggio, tratto dall’introduzione di Carlo Levi al romanzo Tristram Shandy; è sul tema delle digressioni, è bellissimo, e fa così:
Se la linea retta è la più breve fra due punti fatali e inevitabili, le digressioni la allungheranno: e se queste digressioni diventeranno così complesse, aggrovigliate, tortuose, così rapide da far perdere le proprie tracce, chissà che la morte non ci trovi più, che il tempo si smarrisca, e che possiamo restare celati nei mutevoli nascondigli.
Come la leggerezza ha bisogno della pesantezza per esprimersi al meglio, così la rapidità non può esistere senza la lentezza; qualità, quest’ultima, che può essere tesa fino all’estremo. 
Ancora una volta, per comprendere meglio il senso di queste parole, ci vengono in soccorso le fiabe, con la loro semplicità e immediatezza. Basta che Charles Perrault dica: «perfino gli spiedi ch’erano nel camino, carichi di pernici e fagiani, si addormentarono, e si addormentò anche il fuoco», e il tempo narrativo de La bella addormentata nel bosco si blocca. Anche gli oggetti, inanimati per natura, sembrano “più immobili” dopo questo passaggio.

Il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio e distacco.

È facile capire perché Calvino suggerisce di applicare questi precetti alla nostra vita, al di là della scrittura. Provare a rallentare, a divagare. Fermarsi. E correre, quando se ne ha bisogno.

Lezione n°3: esattezza. Prendete nota.


Lezioni americane, Italo Calvino. Mondadori, 2010.

Commenti

  1. Dovevo capirlo dalla tua introduzione (ma anche dal solo nome di Calvino): questo libro è geniale e, come tale, essenziale... non può più mancare dai miei scaffali! La capacità critica e tecnica dell'autore ha il potere di suscitare ammirazione e desiderio incessante di sapere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La maggior parte delle persone preferisce il Calvino romanziere ma io non riesco a provare grande affinità per i suoi racconti (non ancora almeno, mi baso su quelli che ho letto); il Calvino saggista mi piace tantissimo, tant'è che voglio recuperare anche il suo "Perché leggere i classici".

      Elimina
    2. Anch'io, è uno dei primi testi in cui mi sono imbattuta all'università ma ne ho letto solo qualche stralcio... fra l'altro, proprio in questi giorni, rispolverando le glorie della tesi, mi era venuta l'idea di riprendere proprio le definizioni che Calvino dà di "classico", una delle quali avevo scritto sulla confezione dei confetti di laurea! :)

      Elimina
  2. Eh, sì. Mi sa che dovrò... ma senti, un futuro GdL su Calvino? :P
    Io lo ripropongo.

    Comunque sì, un buono scrittore è anche un buon "artigiano temporale". E' anche una delle prime cose che ti insegnano, ma probabilmente una delle ultime che si imparano. Credo sia anche un fattore soggettivo, perché alcuni autori sono più bravi a vincolarti al "loro" tempo mentre altri no.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un GLd vuoi dire? Ma certo! ;)
      Voglio recuperare altri tre libri ("Se una notte d'inverno un viaggiatore", "Le città invisibili" e un racconto, "Ultimo viene il corvo"), poi, forse, potrò dire di aver sviluppato una conoscenza calviniana sufficiente.

      Elimina
    2. Coalizziamoci per "Le città invisibili", che ho già da parte. Arrivato finalista al Premio Nebula, traguardo non da poco per un autore italiano!

      Elimina
    3. Io ci metto la firma, ce l'ho in casa e fa parte del mio diabolico piano di lettura di tutto Calvino! :)

      Elimina
    4. Siamo d'accordo allora.
      Proponiamo Calvino per il prossimo GdL!

      Elimina

Posta un commento