Lezioni americane di Italo Calvino #5: molteplicità



Per capire la molteplicità dobbiamo provare a guardare il mondo da un’altra angolazione. 
Smettete di considerare ogni cosa come un oggetto a sé stante perché Calvino ci spiega che tutto può essere inteso come un groviglio di reti e relazioni. A tal proposito, lo scrittore cita il collega Carlo Emilio Gadda e riporta un passo del celebre Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Non ho mai letto nulla di Gadda ma ho sfogliato spesso la sua biografia: Gadda era un ingegnere, professionista al tempo in cui lo spessore di un uomo si stabiliva in base al lavoro svolto. Fare lo scrittore era considerato una perdita di tempo. La sua vita è trascorsa così, tra la voglia irrefrenabile di scrivere e la responsabilità di portare avanti un ruolo all’interno del contesto sociale che era solito frequentare. Calvino lo descrive intellettuale, scrittore e nevrotico. 
Nella scrittura Gadda riversava tutte le angosce più profonde; era un’esigenza, quella di scrivere, che non riusciva mai a placare. Tutti i suoi libri, infatti, sono opere incompiute.
Nei testi brevi come in ogni episodio dei romanzi di Gadda, ogni minimo oggetto è visto come il centro d’una rete di relazioni che lo scrittore non sa trattenersi dal seguire, moltiplicando i dettagli in modo che le sue descrizioni e divagazioni diventano infinite.
C’era sempre, per Gadda, un nuovo filo da seguire. Ogni strada si dirama in mille direzioni.
Da qualsiasi punto di partenza il discorso s’allarga a comprendere orizzonti sempre più vasti, e se potesse continuare a svilupparsi in ogni direzione arriverebbe ad abbracciare l’intero universo.
Seguendo questo principio, nulla può dirsi veramente concluso. Neanche Proust riuscì a portare a termine il lavoro che aveva in mente quando iniziò la Recherche perché l’opera, man mano che veniva composta, andava infoltendosi del suo stesso sistema vitale. È intuibile come le relazioni tra oggetti, persone e situazioni possano intrecciarsi, accavallarsi e moltiplicarsi: il mondo assume le sembianze di una rete d’interazioni.
Oggi non è più pensabile una totalità che non sia potenziale, congetturale, plurima.
Calvino stesso fa uso della molteplicità in Se una notte d’inverno un viaggiatore, e ancor più ne Il castello dei destini incrociati; in quest’ultimo romanzo, infatti, l’autore parte da un unico elemento comune, un mazzo di tarocchi, dal quale sviluppa una serie di narrazioni diverse l’una dall’altra. La molteplicità non deve essere vista come un limite. 
Non è la causa che ci impedisce di completare i nostri romanzi, anzi, è un’opportunità che ci permette di analizzare il nostro oggetto di studio, di scrittura, sotto diversi punti di vista. È una qualità che ognuno, che sia scrittore o che non lo sia, dovrebbe interiorizzare; per concepire la realtà in modo diverso, come multiplo di se stessa.
Qualcuno potrà obiettare che più l’opera tende alla moltiplicazione dei possibili più s’allontana da quell’unicum che è il self di chi scrive, la sincerità interiore, la scoperta della propria verità. Al contrario, rispondo io, chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, di immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.
Quella cosa, quella persona, è unica, e tante insieme. Che poi, ridendo e scherzando, è un po’ la storia di Pirandello e del naso che pende a destra. Altro genio, lui.


Lezioni americane, Italo Calvino. Mondadori, 2010.

Commenti

  1. Che bella questa pagina! Penso che la molteplicità sia il sale della stessa vita e della scrittura per non imprigionarci in rigide etichette, ma ci aiuta a far esplodere la nostra natura.
    Che gran lavoro, Maria!

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  2. Penso che il fatto stesso del "nulla può dirsi veramente concluso" abbia molto a che vedere con la sua professione 'sociale', quella di ingegnere: la visione di libro come cantiere cui è sempre possibile apportare modifiche per migliorarlo e l'umiltà di non vederlo mai come opera compiuta (o perfetta, etimologicamente parlando) sono aspetti che apprezzo moltissimo in uno scrittore.
    La molteplicità mi fa pensare anche agli Esercizi di stile di Queneau e a come uno scritto si possa modificare per qualunque motivo: dalla trama allo stile, da una tematica al carattere di un personaggio.
    Il mestiere di scrivere è molto complesso: teoricamente nessuno dovrebbe pubblicare in vita, e sono convinta che qualunque scrittore abbia avuto un momento di pentimento per l'averlo fatto, per essersi messo alla mercé del giudizio altrui, a prescindere dal successo. Come ti ho scritto nel post su Arturo Bandini, penso però anche che sia più che comprensibile il bisogno di condivisione. Questo crea naturalmente un conflitto interiore, che penso sia risolvibile solo sotto la chiave di lettura dell'umiltà e della constatazione dei limiti dell'essere umano.
    Ho sempre avuto un debole per il decostruttivismo nella letteratura, per l'inserimento di variabili matematiche all'interno della narrazione, che - concordo con Calvino - non può avere la presunzione di essere un unicum.

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  3. Maria, complimenti.
    Con questi articoli hai decisamente rappresentato l'efficacia che lezioni possono avere nel trasmettere nozioni senza annoiare ma coinvolgere. Sei riuscita a trasmettere e impiegare l'espediente di Calvino di spiegare i concetti per confronto, aggiungendo il tuo gradevole tocco personale e ironico.
    Gli elementi individuati da Calvino sono essenziali per scrivere una storia, in particolare mi ha colpito la rapidità come respiro proprio di una storia, calmo o affannoso che sia. Sono metodico, perciò apprezzo anche l'esattezza, e col tempo ho imparato che una storia si apre ad una molteplicità di sviluppi (il tuo esperimento collettivo ne è un esempio) ma ciò porta a tenere in gran conto quanto una sola cosa possa valorizzare e dare significato a tutto il resto: la fine. Meglio se è una fine che lascia al lettore la possibilità di guardarsi indietro e continuare a cercare risposte e interpretazioni per continuare a soddisfare la sua curiosità. Tu l'hai fatto perché aggiungerò le Lezioni all'elenco dei libri da leggere.

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    1. Ti ringrazio Renato, sono felice che tu abbia preso in considerazione l'idea di leggere le lezioni. Rimandiamo i complimenti però, manca ancora un ultimo articolo! ;)

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  4. Molto bello, questo pensiero. E molto taoista, per quel poco che ne capisco di Tao. Le relazioni sono importanti, perché segnano il confine (sempre che esista) fra noi e tutto il resto. Poi, come dicono Crosby, Stills, Nash & Young: "We are stardust, we are golden, we caught in the devil's bargain, and we got to get ourselves back to the garden."
    Cavoli, dopo le ultime due mi è montata una incommensurabile voglia di leggere queste lezioni! :O

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    1. Vuoi dire che... io e te potremmo arrivare a preferire lo stesso "cibo"?
      Mi sto quasi emozionando. Quasi.
      (ma poi... perché sei sempre una lezione indietro? La prossima volta torni accompagnato dai genitori, eh!).

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    2. Non è che poi ti commuovi? Tieni un fazzoletto a portata di mano, nel caso.
      (L'importante è arrivare!)

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