Francis Scott Fitzgerald difende Gatsby


Fitzgerald iniziò a lavorare al Grande Gatsby nel 1911, ma consegnò le bozze definitive solo nel 1925. Il libro fu pubblicato il 10 aprile dello stesso anno. La critica, con qualche rara eccezione, fu impietosa; pur riconoscendo un miglioramento stilistico rispetto al precedente Tenera è la notte, il romanzo non ebbe l’accoglienza sperata. Nel 1934 fu ristampato dalla Modern Library. Fitzgerald fu incaricato di scrivere una prefazione al romanzo e, amareggiato dalla pesantezza dei giudizi che avevano accompagnato la prima pubblicazione, si lanciò in un testo ricco di risentimento e rabbia; un’introduzione così parziale che lo stesso autore rinnegò:
Non mi piace. Leggendola di nuovo, mi sembra che difetti di confusione e di incoerenza, due qualità che la storia che ad esse segue riesce ad evitare.
Quando Fitzgerald chiese alla casa editrice di poter apportare alcune modifiche al testo, la richiesta fu respinta perché le poche copie messe in commercio non erano state vendute e l’azienda non voleva impegnarsi pubblicandone ancora. Mi ha colpita la forza delle parole con le quali Fitzgerald si schiera a difesa di Gatsby; un appello al lettore, affinché non si lasci sviare:
Vorrei infondere a quelli di loro che hanno letto questo romanzo un sano cinismo verso i critici contemporanei. [...] il vostro orgoglio è tutto quello che avete, e se lasciate che sia smontato da un uomo che ricava prima di pranzo un dozzinale orgoglio dallo smontarvi, vi state assicurando un mucchio di delusioni che un vero romanziere di professione ha imparato a risparmiarsi.
Accorato e spontaneo, così parziale:
[...] Dato che le pagine non sono state caricate con grandi nomi di grandi cose, e il soggetto non riguarda gli agricoltori (che erano gli eroi del momento), si è guadagnato un giudizio superficiale che non aveva niente a che vedere con la critica, ma era semplicemente un attacco da parte di uomini che avevano scarse capacità di auto-espressione per esprimere se stessi.
La prefazione continua più o meno su questi toni. È un testo che mi ha portato inevitabilmente a riflettere:qual è il giusto comportamento che un critico dovrebbe adottare quando si presta a commentare un’opera? Io credo che il rispetto sia una componente imprescindibile: nel momento in cui un autore si consegna al pubblico è implicitamente obbligato ad accettare ogni sorta di parere, per quanto negativo possa essere. Il critico, però, è tenuto a commentare il libro in modo obiettivo, senza farne veicolo di antipatie. Il giornalista Laurence Stallings, ad esempio, si accanì ferocemente contro Gatsby, affermando che le prove precedenti di Fitzgerald erano state “roba barbara” e ciò che le seguiva replicava quelle barbarie. Allo stesso tempo, l’umiltà è una caratteristica essenziale anche per lo stesso autore che dovrebbe essere il più imparziale giudice di se stesso; una critica valida, per quanto negativa, costituisce un’opportunità di miglioramento che non dovrebbe mai essere sottovalutata. Anche perché, come ammette lo stesso Fitzgerald:
Se si ha una coscienza pulita, un libro può sopravvivere – almeno nei propri sentimenti per esso. Viceversa, se uno ha la coscienza sporca, legge solo quello che si vuol sentir dire dalle recensioni. Inoltre, se uno è giovane e desideroso di imparare, quasi tutte le recensioni hanno un valore, anche quelle che sembrano ingiuste.
È evidente, in ogni caso, quanto i critici abbiano messo a dura prova l’autostima di Fitzgerald. Il critico Mencken, nella sua recensione al romanzo, sembrò rendersi conto della fatica che è costata una storia del genere:
Scriverlo, io penso, è stato doloroso. L’autore ha scritto, stracciato, riscritto e stracciato di nuovo. Ci sono pagine costruite così ad arte che più immaginare che siano state improvvisate, più di quanto si possa immaginare di improvvisare una fuga.
In sostanza, il gioco delle parti impone che ogni partecipante rispetti le direttive del proprio ruolo e collabori affinché si crei una relazione costruttiva. Il critico non dovrebbe assumere le vesti di un antagonista ma diventare un co-protagonista, un momento successo al processo creativo dello scrittore. Al di là di tutto, io ho apprezzato lo slancio di Fitzgerald; uno scrittore che difende il proprio lavoro in questo modo mi è parso così disarmato ed insicuro da risultare inattaccabile. 
Ma, per Dio! Era il mio lavoro, ed era tutto quello a cui mi ero dedicato. Ciò che avevo espunto da esso, sia materialmente che emotivamente, avrebbe potuto costituire un altro romanzo.

Commenti

  1. Mi trova molto d'accordo ed è sempre auspicabile a beneficio del lettore, la figura del critico cinematografico o letterario che sia, come co-protagonista costruttivo e non antagonista.
    Ho visto il film e devo dire che non mi ha entusiasmato, nonostante la presenza di Robert Redford.

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    1. Attendiamo la versione di Leonardo di Caprio anche se, adocchiando il trailer, mi sembra alquanto frivola e luccicosa.

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  2. Lo devo leggere assolutamente, vorrei prendere proprio l'edizione con l'immagine originale. Sto però cercando di fare una specie di Progect ten books devo smaltire un po' prima di comprare e continuare ad accumulare libri :(

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    1. Vero, l'accumulo compulsivo è una patologia molto diffusa!

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  3. Il grande Gatsby...leggi il titolo e sai giá che ti aspetta qualcosa di grandioso. Amo gli anni '20, l'America e l'Europa di quel periodo erano scintillanti. Se ho trovato Tenera è la notte un tantino incompleto, Il grande Gatsby è il coronamento delle opere di Fitzgerald. A me è piaciuto moltissimo e lo consiglio a tutti..c'è la nuova edizione Newton and Compton a 0.99 cents per i piú tirchi o i piú scettici. Comunque brava, ottime osservazioni, sono perfettamente d'accordo con te sull'argomento "critica" :)
    se vuoi fai un saltino da me, mi piacerebbe sapere cosa pensi delle mie recensioni!
    A presto!

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