I fatti: autobiografia di un romanziere di Philip Roth

Innanzitutto, c’è da chiarire un fatto. Questo non è il nuovo, ultimo, libro di Philip Roth. I fatti: autobiografia di un romanziere fu pubblicato nel 1988 e tradotto nel 1989. Roth, all’epoca, aveva cinquantacinque anni, e già vantava una grande pubblicazione alle spalle: romanzi come La controvita (1986), Il professore di desiderio (1977), La mia vita di uomo (1974) e soprattutto il Lamento di Portnoy (1969). Nathan Zuckerman, il personaggio inventato da Roth, aveva già fatto le sue prime apparizioni in Lo scrittore fantasma (1979), Zuckerman scatenato (1981), La lezione di anatomia (1983) e L’orgia di Praga (1985). I fatti è stato pubblicato, a febbraio 2013 da Einaudi, in una nuova traduzione di Vincenzo Mantovani.

Un post-operatorio difficoltoso e gli strascichi di un matrimonio fallito, dirottano la psiche di Roth verso un grave esaurimento nervoso. Giunto alla mezza età, lo scrittore avverte il bisogno di “ricapitolarsi”, scrivendo un’autobiografia. Ma non può fare a meno di rinunciare alla finzione, così la struttura del libro diventa atipica (e geniale): a lavoro concluso, Roth ipotizza d’inviare il manoscritto a Zuckerman (suo alter ego) chiedendogli se, a parer suo, sia il caso pubblicarlo. 

L’infanzia, l’adolescenza e il college. Il matrimonio, il divorzio e la scrittura. Nella sua parte esclusivamente autobiografica, è un libro ricco di spunti interessanti. Un vero e proprio manuale d’istruzione al Roth-pensiero. È un testo che consiglio soprattutto a chi ha già apprezzato alcuni suoi libri e vuole approfondirne alcuni aspetti. Ci sono, infatti, diversi passaggi nei quali si riconoscono particolari di storie precedenti e spunti per le successive (la prima parte, per esempio, percorre in dettaglio la vita di Philip che, in seguito, si fonderà perfettamente in Marcus, protagonista del romanzo Indignazione).

Famiglia, famiglia, famiglia, Newark, Newark, Newark, ebrei, ebrei, ebrei. Roth evidenzia quanto abbia influito, nella sua vita, essere un ebreo americano. Il rispetto per le tradizioni contrasta a più riprese il pressante bisogno di ribellione; la volontà di conformarsi alla realtà statunitense e l’intenzione, allo stesso tempo, di non rinnegare le proprie origini crea, nell’uomo prima e nello scrittore dopo, un dualismo di intenti.

Il mestiere del romanziere presuppone un grande impiego di fantasia ma Roth, in questo caso, decide di fare il lavoro inverso: di disimmaginarsi. Depurando il suo passato da ogni orpello, spogliando la realtà dall’immaginazione, provando a raggiungere l’essenzialità di ogni episodio vissuto. Ma è davvero possibile tutto questo? Può, un romanziere, rivelarsi completamente? Raccontarsi, attenendosi semplicemente “ai fatti”? Lo stesso Zuckerman avanza questa provocazione, nella sua risposta a Roth.
La mia ipotesi è che tu abbia scritto così tante metamorfosi di te stesso da non sapere più né chi sei né chi sei stato.
Nomi fittizi, luoghi fittizi, ricordi fittizi. La tutela, per rispetto e dovere, di persone e situazioni. Quanta verità resta, dopo? Non è forse attraverso i suoi romanzi che Roth vive, non è nella libertà di espressione più estrema, la sua vera esistenza? La sovrapposizione di vita su altra vita, di Roth su Portnoy e Portnoy su Zuckerman e di nuovo su Roth e ancora, su tutti i personaggi che ne sono seguiti: ha creato un teatro dove ogni volto è solo una maschera. E forse è solo attraverso le sue sceneggiature che Roth, come protagonista, riesce a interpretare davvero se stesso.



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Philip Roth 
I fatti. Autobiografia di un romanziere
Traduzione di Vincenzo Mantovani
Einaudi
2013
pp. 200
ISBN 9788806178956

Commenti

  1. L'ho acquistato giusto una settimana fa, appena finisco DeLillo l'ho leggo. Ora che Roth ha annunciato che non scriverà più - sono contento per lui perché ha terminato la sua lotta contro la scrittura - cominciano a ripubblicare vecchi libri. Non so se li hai letti, ma mi permetto di consigliarti "Il teatro di Sabbath" e "Pastorale americana". Sono libri immensi. E aggiungo che il tuo blog mi piace un sacco, si vede, anzi, si legge che la lettura è la tua passione.

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    1. Ho Pastorale americana in spedizione, non vedo l'ora di leggerlo!

      ps: cosa stai leggendo di DeLillo?
      Io ho appena preso Rumore bianco; non ho ancora letto nulla di questo autore e sono molto curiosa.

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    2. Di DeLillo sto leggendo "Mao II", così così, non mi convince del tutto, non so dove voglia andare a parare l'autore, che peraltro scrive benissimo. "Rumore bianco" ce l'ho e sto leggendo anche l'immenso "Underworld" considerato il suo capolavoro, che intermezzo con altri libri. Però DeLillo non mi esalta come Roth o il mio scrittore preferito Cormac McCarthy.

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