Il blogging, ossia: condivisione in pubblica rete

blogging-blog-start-from-scratchÈ un fenomeno strano, quello del blogging. L'aspetto che più mi inquieta (e allo stesso tempo mi affascina) è il bisogno di condividere impressioni e pensieri riservati, di quella riservatezza che neanche sotto tortura si dispenserebbe mai. Eppure, ogni giorno, milioni di sentimenti vengono liberamente spiattellati in rete. Personalità eccentriche e narcisiste si espongono volontariamente al comune giudizio (e mi ci metto anch'io; ci sono caduta con tutto il mio 36 di scarpe!). Mi sono chiesta molto spesso cosa si celasse dietro questa particolare esigenza e credo di essere arrivata ad una sorta di conclusione. Credo sia una questione di alibi. Mi spiego meglio.

Partiamo dal presupposto che esistono diverse tonalità di intimità. Possiamo classificare il livello di segretezza di un pensiero in base ad una scala di valori a tre dimensioni:
- lieve;
- media;
- alta.

L'intimità lieve si sedimenta soprattutto nella classica chiacchierata tra colleghi in sala mensa; cibi precotti e un paio ovvietà. Se vi capita di essere particolarmente in vena potreste aggiungere un pizzico di enfasi al discorso ma il risultato non cambierà granché. Né più né meno che semplici conversazioni di circostanza atte a stemperare tensioni, intrattenere relazioni e scaldare surgelati.

Dopo il lavoro un amico vi propone un aperitivo. Il secondo livello: la chiacchierata al bar. Il vostro interlocutore vi coinvolge nei suoi patimenti d’amore informandovi con precisione certosina e dovizia di particolari (rigorosamente non richiesti, tra l'altro): «Te lo giuro, non ho mai sofferto così tanto come in quest'ultimo periodo. Annuendo a ritmo costante vi rendete conto che, a pensarci bene, l'inizio del cosiddetto "ultimo periodo" del vostro amico risale più o meno a quando vi siete conosciuti, che equivale a circa 15 anni fa. « Ti capisco»biascicate a bocca piena (gli arachidi stracolmi di batteri sono una tentazione!). Non è il caso di contraddirlo, non stasera, sta soffrendo troppo. La prossima volta magari (o anche no).

Dopo l'aperitivo vi trascinate a casa. La chiacchierata da "io sono lo psicologo di me stesso". Il livello ad alta tensione. Mi riferisco a discorsi interiori a mezza bocca, rivelazioni esistenziali. Le fatidiche questioni irrisolteIl problema sta tutto qui: quando ci si confronta con se stessi su temi particolarmente importanti si tende a scappare, a tergiversare, a nascondere la testa sotto la sabbia. Ponendo però che, per puro caso, si arrivi alla giusta conclusione di un ragionamento è comunque un attimo a smontarla con scuse e giustificazioni perché è ancora un abbozzo mentale, non è una dichiarazione formale. Eccolo, l'alibi: « No, io sbaglio a pensarla in questo modo, perché poi bisogna considerare anche il resto». Il resto di che? Il resto della Nutella che ho lasciato in cucina. E finisce lì.

L'unico modo attraverso il quale possiamo proteggere e definitivizzare (?) le scomode verità a cui siamo giunti è, paradossalmente, condividerle. Perché, va da sé, una realtà comunicata non può essere ritrattata.

Perfetto. Una volta capito il cosa, c'è da risolvere il come. Come certificare le nostre sensazioni? Troppo personali per la mensa, troppo private per il bar. Allora perché non aprire un blog e rivelarsi al mondo intero? (non fa una piega!). «Tutti leggeranno il blog, non ti vergogni?». ALT!!! Tutti chi? Esclusi i parenti resta solo il cinese di turno che sbaglia URL. E comunque dire tutti è come dire nessuno. Come dire "ci vediamo la prossima volta". E buona notte al secchio.

Morale della favola: attenzione a cosa pubblicate sui vostri blog, il cinese è dietro l'angolo!



Commenti

  1. Mi fa sorridere questo post. Penso a quante volte sei stata vittima della chiacchierata al bar, condannata dal tuo famoso istinto da crocerossina.
    Mi fa anche molto riflettere. Possibile che raggiungiamo la "tonalità di intimità alta" solo con noi stessi?

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    1. Molto spesso preferiamo tenere segreti alcuni argomenti perchè è molto piú semplice non dire piuttosto che reggere il giudizio altrui. Purtroppo è cosí. Contrariamente a quel che si puó pensare l'essere umano é tendenzialmente piú indulgente verso se stesso che verso gli altri.

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  2. Interessante.
    Credo sia un'analisi ben fatta e alquanto verosimile.
    Certo se poi entri nel particolare, ogni singolo blogger ti darà una sua motivazione ben precisa e più accurata, ma in linea di massima è proprio come hai descritto o meglio questa è una buona ipotesi :)

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    1. E ti ringrazio.
      Però adesso sono curiosa.
      Entriamo nel tuo particolare e dimmi, da blogger, la tua ipotesi.
      Giusto per continuare allegramente a ficcare il naso nelle motivazioni altrui!

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    2. Prettamente (e credo sia compreso nelle tue casistiche) per fermare i pensieri, per fotografarli oltre al fatto che nella vita di tutti i giorni sono un ascoltatore e per questo vengo "usato" a me serve ogn tanto una valvola di sfogo per cavoli mieie e quelli che ho accumulato degli altri ;)

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    3. Hai perfettamente ragione.
      Non ci avevo pensato, in effetti.
      Anch'io svolgo il ruolo dell'ascoltatrice diligente nell'universo parallelo a questo e mi sono chiesta molto spesso il perché.
      Non credo sia colpa mia, o forse lo è.
      Comunque, come te, credo di aver avuto bisogno di uno spazio attraverso il quale gli altri potessero intervenire, ma solo a piccoli commenti.
      A dimostrazione del fatto che tra parlare e avere qualcosa da dire c'è differenza.E bravo Boh!

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    4. Un blog e musica alta nelle cuffie è ciò che ogni tanto serve ;)
      Ti fai una colpa del fatto che sei un'ascoltatrice diligente? E che colpa sarebbe? E di fondo sarebbe al massimo una colpa verso te stessa ;)

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    5. Forse colpa non è il termine adatto.
      Il problema è che sono vittima della "claustrofobia da ruolo"; ho un carattere così sfaccettato (per dirla buona) che solo l'idea di essere relegata ad una parte (nel caso di oggi, l'ascoltatrice), mi opprime.
      "Sono molto irrequieta quando mi legano allo spazio", Alda Merini insegna.

      Detto ciò, manca solo un lettino e sarebbe una seduta di psicoterapia in piena regola quindi direi di concludere con un patteggiamento. ;)

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