Una specialità personale, da lupi | Hermann Hesse


Guardavo il brav’uomo, il suo viso onesto di persona erudita e la scena mi pareva alquanto ridicola ma assaporavo come un cane affamato quel boccone di calore, quel sorso di affetto, quel brano di riconoscimento. Harry, il lupo della steppa, sogghignava commosso, la bava gli empiva le fauci aride, la sentimentalità gli piegava la schiena suo malgrado. Incominciai dunque a mentire dicendo che ero di passaggio per ragioni di studio e che del resto ero indisposto, altrimenti sarei andato certamente a trovarlo. E quando mi invitò cordialmente a passare quella sera con lui, accettai con animo grato, lo pregai di salutare la signora e per il fervore del discorso e dei sorrisi già sentivo che mi facevano male le guance non più avvezze a quello sforzo.
E mentre io, Harry Haller, ero lì in mezzo alla strada sopraffatto e lusingato, cortese e premuroso, e sorridevo a quel viso gentile e miope, l'altro Harry stava al mio fianco e ghignava e pensava che ero proprio un bel tipo falso e bugiardo, che due minuti prima avevo digrignato i denti rabbiosamente contro il mondo maledetto ed ecco, al primo richiamo, al primo saluto innocente d'una brava persona ero commosso e disposto ad accettare tutto, avvoltolandomi come un maiale nel godimento di un tantino di benevolenza, di rispetto e di cortesia. Così i due Harry, figure assai poco simpatiche, stavano di fronte al garbato professore, si insultavano a vicenda, si osservavano, si sputavano in faccia e come sempre in simili situazioni si rivolgevano la domanda se quella fosse semplicemente debolezza e stupidità umana, comune a tutti gli uomini, o se quell'egoismo sentimentale, la mancanza di carattere e di pulizia, la doppiezza di sentimenti fosse invece una specialità personale, da lupi. Se la porcheria era universalmente umana, ebbene il mio disprezzo del mondo si poteva scatenare con rinnovata violenza; se era invece soltanto debolezza mia personale, dava motivo ad un'orgia di disprezzo contro la mia persona.
(da Il lupo della steppa di Hermann Hesse. Mondadori, 1996. Traduzione di Ervino Pocar)


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