La formula dell’artista. Il gene del dubbio di Nicos Panayotopoulos

Ho la sindrome del pioniere: da un momento all’altro, in un mercato sperduto tra le più inutili cianfrusaglie, penso sempre che mi possa capitare tra le mani un autentico tesoro e che nessun altro prima di allora, prima di me, sia riuscito a riconoscerne il valore. Non mi riferisco a tesori nel senso materiale del termine. Un anno fa trovai una cartolina antica: timbro postale 08/09/1913, regolare francobollo da 5 centesimi e un paio di parole impresse attraverso una calligrafia elegante e distinta che a guardarla emana ancora profumo di inchiostro.

In una delle mie esplorazioni ho trovato Il gene del dubbio. Sfoglio qualche pagina, cerco informazioni sull'autore e leggo: Nicos Panayotopoulos, nato ad Atene nel 1963. Ingegnere, ha lavorato come giornalista e sceneggiatore. Il gene del dubbio è il suo secondo romanzo. Mi è sembrato strano, perché di solito le biografie sono rimpinzate con mille particolari; ho sempre pensato che lo scopo di questa dovizia di dettagli personali fosse messa in atto per rendere più accessibile lo scrittore, per umanizzarlo, ed è una scelta editoriale che non ho mai condiviso.

Albert Zimmerman riuscì a scoprire il gene dell’artista. O, per essere più precisi, riuscì a descrivere quelle aree del patrimonio genetico che determinano la natura artistica. E non solo! Albert Zimmerman riuscì a descrivere con una buona approssimazione anche quelle differenziazioni che portano la natura artistica ad esprimersi in un modo piuttosto che in un altro. Ci vuole essere considerato uno scrittore deve sottoporsi ad un esame del sangue, pena la scomparsa dal panorama editoriale. Fra i pochi dissidenti c’è James Wright, scrittore quasi affermato, che di fronte alla paura di una possibile smentita decide di vivere nel dubbio rifiutandosi di sottoporsi al test.

Ci ho messo un paio di giorni a leggerlo. Discreto, non un capolavoro di narrativa, ma il meccanismo psicologico che l’autore riesce a mettere in atto è davvero singolare; seguendo le perplessità e le insicurezze di Wright non si può fare a meno di porsi la domanda: io cosa avrei fatto al suo posto? Mettendo da parte tutte le critiche più ovvie sull’evidenza che il talento non può essere provato scientificamente, quale sarebbe la scelta giusta da fare? Lottare contro ogni sorta di insicurezza e rifiutare di sottoporsi al test? Combattere quotidianamente con il sospetto che forse non si è propriamente destinati a quello che si è scelto di essere? Oppure arrendersi e valutare le proprie attitudini in base ai risultati di un'analisi scientifica. E se il test risultasse negativo? Sareste disposti ad abbandonare i vostri talenti che in realtà (una realtà scientifica) non vi appartengono? Non è così semplice. In ogni caso, qualsiasi scelta venga fatta, si è sconfitti. Lo stesso Wright, nelle ultime pagine, vacilla:
In quella mezz’ora in cui l’ambulanza mi trasportò fino all'ospedale, capì davvero che cosa fosse la paura. Questo e nient'altro, oltre alla sua domanda, giustifica la mia insensata ritrattazione, la formula della più ridicola richiesta nella storia del pronto soccorso di tutti gli ospedali del mondo. Lei di certo sarà d’accordo con me, forse persino riderà leggendo queste righe che le riporteranno alla mente l'immagine di un moribondo che esige di sapere a quale vita lo destinavano i suoi geni, come se la sua vita non l'avesse vissuta lui stesso.
Il demone del dubbio, più di Wright, più di Zimmermann, più del test stesso, è il protagonista del romanzo e sono dell’idea che, se un libro riesce a mettere in moto automatismi psicologici di questa portata, qualche sorta di riconoscimento se lo merita.



Commenti

  1. Un gran bell'inizio, con un libro per niente facile, che affronta il demone del dubbio.
    Uno dei demoni più subdoli, potenti e str...mai creati da cuore umano.

    Sai cosa capiterà, ora?
    Finirà in wishlist...

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  2. Se riesci a trovarlo sei un mito. Non l'ho piú visto in giro...

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